Unicredit/Banco BPM: i prezzi di borsa sono quelli giusti per la combinazione

I rapporti di capitalizzazione potrebbero spingere Andrea Orcel ad uscire allo scoperto, con il lancio di un'offerta, carta contro carta, per Banco BPM: l'operazione ha molto senso industriale, piacerebbe a Milano, meno a Roma ed a Parigi

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Quasi in concomitanza con l’arrivo delle trimestrali delle grandi banche degli Stati Uniti, ripartono le grandi manovre sulle banche italiane.
Pare che Unicredit abbia riaperto il dossier Banco BPM , ipotesi plausibile alla luce dell’andamento dei titoli: il tema prezzo è cruciale perché il ratio è il punto di partenza per la definizione dei concambi nel caso, probabilissimo, di un'operazione carta contro carta. Ai valori attuali, la capitalizzazione della preda (6,01 miliardi di euro) è circa un sesto del valore del soggetto consolidante (37,7 miliardi).

E’ probabile che a questi livelli di ratio, i vertici di Unicredit si sentano di poter pensare a farsi avanti con un’offerta, infatti, anche alla fine di febbraio, quando Reuters aveva rilevato movimenti in corso nell’arena bancaria, il ratio era più o meno questo. E’ vero che un mese e mezzo fa, le indiscrezioni rimandavano all’aggregazione Monte Paschi /Banco BPM, ma le due vicende sono intrecciate, parlare dell’una, lasciando fuori l’altra non è possibile.

Se si guarda soltanto al senso industriale, la combinazione Gae Aulenti-Piazza Meda è la preferibile perché “rafforzerebbe in modo significativo il posizionamento competitivo di Unicredit in Italia”, scriveva Equita ieri. Ma tutto il resto, e non è poco, spinge da un’altra parte, ovvero, verso la costruzione di un terzo polo bancario, un soggetto capace di rompere il duopolio Intesa Sanpaolo/Unicredit.

Tutti i governi degli ultimi anni, in modo più o meno esplicito, hanno lavorato a favore del terzo polo. Per una buona ragione:  l’Italia, con un debito pubblico destinato a sfondare nel giro di pochi anni la soglia dei tremila miliardi di euro, ha bisogno di avere una base solida e sicura di acquirenti di BOT e BTP. Unicredit, che pur essendo italiano di passaporto, è anche mezzo tedesco, è pure privo di un nocciolo duro di soci italiani in grado di indirizzare le scelte strategiche sulla gestione del risparmio.

Oltre a questa ragione, diciamo così, storica, c’è un tema contingente, i rapporti Italia - Francia. A parte i vincoli del Traité du Quirinal entrato da poco in vigore, c’è per Roma anche l’interesse a rafforzare il più possibile l’asse con Parigi, in vista della rinegoziazione dei termini del patto di stabilità. Lasciare che Unicredit si prenda Banco BPM, vuol dire relegare il Credit Agricole ad un ruolo di soggetto di secondo piano nel panorama bancario italiano. Andrea Orcel infatti, non sarebbe in buoni rapporti con la società francese alla quale il suo predecessore, nel 2017, aveva venduto una fetta rilevante delle attività nel risparmio gestito (Pioneer). Pare che Unicredit, nel frattempo impegnatasi anche con Azimut , voglia rinegoziare tutti i rapporti industriali di lungo periodo con Amundi, la sgr di Credit Agricole.

La matassa è ingarbugliata e servirà probabilmente del tempo per arrivare ad una soluzione capace di accontentare tutti. Unicredit, che rispetto ad un mese e mezzo fa ha ottenuto il via libera al buy back ed ha definito la busta paga di Orcel, potrebbe anche decidere di uscire allo scoperto nei prossimi giorni, ma è poco probabile, anche perché, prima di muovere sarebbe meglio disporre di una parte importante di informazioni, quelle riguardanti lo stato di salute del Monte dei Paschi. Oggi il consiglio d’amministrazione si riunisce a Siena per discutere i conti del 2022, due giorni dopo l’assemblea è chiamata ad approvarli.
Banco BPM nel frattempo, ha detto in tutti i modi di non aver alcun interesse per le aggregazioni, anche perché l’operazione MPS, sarebbe complicata da tutti i punti di vita: il MEF diventerebbe il primo socio di un nuovo soggetto completamente sbilanciato, a livello di filiali, sul centro Italia. 

Il dossier, anzi, i dossier, sono voluminosi e complessi, con decine di incroci tra convenienze finanziarie, politica locale, nazionale e sovra nazionale, sorveglianza europea e sindacati dei dipendenti. Ci vorrà tempo per trovare una sistemazione, ma come si è visto con l’Opa di Intesa Sanpaolo su Ubi o l’operazione Bper Banca-Carige-Banca Popolare di Sondrio, ad un certo punto la spinta dei prezzi di borsa diventa l’elemento fondamentale, quello che fa succedere le cose.

 

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Marino Masotti

Caporedattore