Economia circolare: così Green Oleo fa rinascere gli scarti dell'olio

Con Alessandro Viano, il direttore commerciale della società, abbiamo percorso a ritroso il viaggio dei prodotti della società, acidi stearici e oleici, glicerine, saponi , acidi grassi ed i loro esteri: il punto di partenza è la pianta

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Viaggiare in tondo vuol dire spesso non andare da nessuna parte, nell’economia circolare invece, è andare nella direzione giusta, quella della sostenibilità.

Il viaggio dell’olio di oliva inizia sulle sponde del Mediterraneo, con l’ulivo, una pianta di espressiva e contorta bellezza, prosegue entrando nei mulini (frantoi) e tira dritto verso la meta finale, prima in cucina e poi sulla tavola.
Più o meno a metà strada di questo itinerario, si trova una delle deviazioni in grado di far passare il sistema dal moto rettilineo, al moto circolare. In uno degli snodi del percorso, si posiziona Green Oleo, azienda dell’oleochimica fine attiva nella rigenerazione dei sotto prodotti dell’industria alimentare.

Quel che nel viaggio dall’olivo all’olio di oliva si perde per strada, imbocca a Cremona, dove ha sede l’azienda, una nuova via, quella che seguendo la circonferenza della sostenibilità per l’ecosistema, torna a noi sotto forma di prodotti per la cosmesi, o per la lubrificazione, l’incollaggio e l’attività agricola.

Con Alessandro Viano, il direttore commerciale di Green Oleo, abbiamo percorso a ritroso il viaggio dei prodotti della società, acidi stearici e oleici, glicerine, saponi , acidi grassi ed i loro esteri: il punto di partenza è la pianta.

Tutto inizia nel Mediterraneo

L’ulivo è uno degli attributi di riferimento dell’area del Mediterraneo, è qui che da millenni lo si coltiva, principalmente nella parte meridionale, ma anche in quella settentrionale, basti pensare a certe vallate delle Alpi o dei Pirenei. La Spagna è da ormai da parecchi anni il primo paese produttore, l’Italia va su e giù tra il secondo e il terzo posto, più indietro, rispetto alla Penisola Iberica, non per ragioni di agronomia ma per per le scelte strategiche contenute nella Politica Agricola Comune dell’UE.

Dall'oliva all'olio e oltre 

Per capire il viaggio dell’olio di oliva bisogna a questo punto fermarsi a osservare quel che succede quando il frutto cade dall’albero. Il sistema di difesa dagli insetti e dai parassiti entra in funzione e parte l’idrolisi dei trigliceridi, la reazione chimica che porta all’aumento dell’acidità. Più l’oliva resta a terra, sulle reti, o nei punti di raccolta, più la reazione avanza e più acido sarà di conseguenza l’olio. Il tempo tra la raccolta e l’avvio della lavorazione, è prezioso, se ne perde pochissimo, diciamo meno di ventiquattro ore, dalla spremitura si ottiene l’olio extravergine, se si superano certi limiti, si hanno i vari olii di oliva vergini o lampanti o l’olio di sansa.

A questo punto, il prodotto principale prende la via della eventuale raffinazione e va al consumo, insomma, arriva sulla nostra tavola. Tutto il resto è pronto ad una nuova vita.

Lo scarto diventa materia prima 

La miscela di sostanze che rappresentano il sottoprodotto dell’olio di oliva viene a questo punto trattata per separare dal resto molte sostanze pregiate, come lo squalene e lo squalano e la vitamina E, idrocarburi ingredienti capaci di rallentare alcuni nocivi processi ossidativi.
Quel che rimane, dopo una neutralizzazione con soda e una successiva ri-acidificazione, sono gli olii acidi di olivo (è la cosiddetta pasta saponosa, lo step che si ottiene dopo la neutralizzazione ma prima dell’acidificazione), un liquido di colore e consistenza caramellosa. Siamo ormai parecchio lontani da qualcosa di commestibile.
E’ a questo punto che entrano in gioco le bioraffinerie, le aziende in grado di far partire un altro ciclo produttivo: Green Oleo, uno dei leader europei di questo ambito, è qui.

Il processo industriale 

L’autobotte che arriva all’impianto di Cremona scarica il contenuto in un serbatoio e da qui, quel che prima era uno scarto, diventa una materia prima. La miscela di acidi grassi e glicerine entra in una colonna di scissione, una torre alta una cinquantina di metri che sfida come altezza il Torrazzo. L’alta pressione e le alte temperature portano su i primi e giù le seconde. Segue a quel punto la distillazione, dalla quale si ottiene un liquido di colore chiaro contente sia acidi saturi che insaturi, oleico, palmitico, stearico ed altri.

Il naturale batte l'artificiale

Con i primi si fanno per esempio le candele, dagli insaturi ad alta purezza si arriva a prodotti più nobili, come quelli utilizzati nella lubrificazione di sistemi ad altissima prestazione (macchine di Formula 1) o in ambito alimentare. Ci troviamo ora in un settore dove l’artificiale minerale e il naturale coesistono, ma il secondo, spiega Viano, quanto a performance chimico fisiche, è meglio del primo.
Dall’economia circolare arriva così una risposta di natura industriale a un problema tecnologico, non sono le considerazioni ecologiche a guidare il processo, ma semmai quelle della razionalità scientifica.


Marino Masotti

Caporedattore