L’inflazione non se ne va, ma neanche disturba
Anche in agosto, di segnali di un surriscaldamento dei prezzi causato dai dazi introdotti dal presidente Donald Trump, non se ne sono visti. Resta aperta la porta al taglio tassi

L’inflazione c'è ma resta su livelli da allerta molto bassi e non giustifica uno stop, o un rinvio del taglio dei tassi avviato la scorsa settimana dalla Federal Reserve.
I numeri dell'inflazione
L'indice PCE, il parametro di riferimento preferito dalla Fed per misurare l'inflazione, è aumentato dello 0,3% mese su mese in agosto, secondo quanto riferito venerdì dal Bureau of Economic Analysis. Il cosiddetto indice dei prezzi core, che escludendo alimentari e carburanti viene ritenuto più credibile dalla banca centrale degli Stati Uniti, è aumentato in misura leggermente inferiore, dello 0,2%, in linea con le previsioni di Wall Street.
Il tasso di inflazione su 12 mesi è salito leggermente al 2,7%, rimanendo al di sopra dell’ obiettivo a lungo termine della Fed del 2%.
Il tasso annuo dell'inflazione core è rimasto invariato al 2,9%.
Anche in agosto, di segnali di un surriscaldamento dei prezzi causato dai dazi introdotti dal presidente Donald Trump, non se ne sono visti.
Il mercato ne ha preso atto quasi con uno sbadiglio, il tasso di rendimento del Treasury Note a dieci anni è a 4,16%, lo stesso valore di ieri, invariato anche il biennale, il titolo più sensibile agli interventi della banca centrale.
La Fed può ignorare l'inflazione ...
I future danno al 60% la possibilità di due tagli entro la fine dell’anno, la scorsa settimana la davano all’80%. A far scendere la probabilità sono stati i dati sul PIL e sulle richieste di sussidio di disoccupazione uscite ieri, anche l’incremento superiore alle aspettative della spesa personale comunicato oggi dall’Ufficio delle Analisi Economiche, mostra che il quadro economico è solido.
Bret Kenwell, US Investment analyst di eToro afferma in una nota che il dato di oggi sull’inflazione non ha effetti sullo scenario, per cui “la Fed resterà sulla traiettoria di due ulteriori tagli dei tassi quest’anno”.
Per la banca centrale, abbassare il costo del denaro con l’inflazione PCE a quasi il 3%, non è un passo semplice. “Guardando al passato, immaginare la Fed tagliare i tassi in un contesto inflazionistico è difficile. Ma a causa dell’indebolimento dei dati sul lavoro negli ultimi mesi, il comitato si trova in una posizione complessa: penalizzare il mercato del lavoro — e potenzialmente l’economia — per combattere l’inflazione, oppure cercare di sostenere l’occupazione lasciando che l’inflazione continui a salire? L’obiettivo del 2% d’inflazione sembra, al momento, avere una priorità bassa. Piuttosto, il comitato sta cercando di ristabilire un equilibrio tra mercato del lavoro in indebolimento e inflazione in aumento, sperando di trovare un compromesso accettabile su entrambi i fronti del proprio duplice mandato. Se l’aumento dell’inflazione dovesse attenuarsi e i dati sull’occupazione stabilizzarsi, allora la Fed potrebbe tornare a concentrarsi sui propri obiettivi ideali. Per ora, però, l’unica necessità è evitare scenari disastrosi”.
... fino a un certo punto
Per le persone che oggi entrano in un contro commerciale per far la spesa della settimana, il costo delle merci resta un problema, ma meno di un anno o due fa, per cui, il dato di oggi non dà argomenti risolutivi ai falchi che dentro il Federal Open Market Committee della Federal Reserve, segnalano sia giusto muoversi con il massimo della prudenza. Tra questi, ci sono Austan Goolsbee e Jeffrey Schmid, il presidente della Fed di Chicago e il presidente della Fed di Kansas City: entrambi, negli interventi di ieri, hanno espresso cautela sull’opportunità di accelerare la corsa al taglio tassi, anzi, si deve essere pronti a fermarla, perché l’inflazione non si può ignorare.
Colombe trumpiane
Per le colombe della Fed, poche di numero dentro il board ma sostenute dalla Casa Bianca, è tutta un’apparenza: i tassi al 4%, dove stanno ora, stanno già arrecando parecchi danni, altri ne arriveranno, se non si ci avvicinerà il più velocemente possibile al 2%, il livello che secondo il governatore Stephen Miran, da pochissimo entrato nel comitato della politica monetaria, esprime il livello di neutralità, quello che non frena e non aiuta la dinamica economica.