Indici e ETF - Il ruolo della tassazione dei dividendi
Demis Todeschini di AXA Investment Managers ci aiuta a capire un aspetto, spesso trascurato, che riguarda il trattamento dei dividendi all’interno degli indici e degli ETF

Il successo degli ETF è strettamente legato all’evoluzione degli indici di mercato. Gli ETF nascono per rendere investibili proprio gli indici - azionari, obbligazionari - e grazie alla continua innovazione nella loro costruzione, oggi gli investitori hanno accesso a una gamma sempre più ampia e sofisticata di strumenti.
Un aspetto spesso trascurato riguarda il trattamento dei dividendi all’interno degli indici.
Questo dettaglio tecnico può influenzare significativamente la performance finale di un investimento. Esistono diverse tipologie di indici, ma le più comuni sono:
• Indici Price: non includono il reinvestimento di dividendi o cedole. Offrono una visione teorica della performance, poco rappresentativa del rendimento effettivo per l’investitore;
• Indici Total Return: reinvestono i dividendi e forniscono una fotografia più realistica della crescita complessiva del mercato.
Nonostante ciò, anche nei media finanziari si continua spesso a citare gli indici nella loro versione Price.
Un esempio emblematico è il FTSE MIB, principale indice della Borsa italiana, che viene comunemente riportato nella sua versione Price, nonostante esista una versione Total Return.
In un Paese come l’Italia, storicamente caratterizzato da un alto dividend yield, il FTSE MIB Total Return offre una rappresentazione molto più fedele della reale performance del mercato. Non a caso, mentre il FTSE MIB “classico” viene spesso descritto come in fase di recupero, la sua versione Total Return ha già raggiunto i massimi storici.
Questo dimostra quanto sia importante andare oltre il numero di facciata e considerare l’intero valore generato da un investimento, inclusi dividendi e cedole.
Quando si analizzano gli indici Total Return, è fondamentale ricordare che i dividendi vengono reinvestiti integralmente e senza tassazione. Questo rende la performance “perfetta” ma non realistica per un investitore nel mondo reale. Nel mondo degli ETF e dei fondi comuni, infatti, i dividendi subiscono ritenute alla fonte (withholding tax), che possono essere parzialmente rimborsabili o meno, a seconda della giurisdizione e degli accordi fiscali. Per riflettere questa realtà, esistono gli indici Net Total Return (NTR), che reinvestono i dividendi al netto di una tassazione teorica (stimata dall’index provider sulla base della legislazione vigente) e offrono una stima più vicina al rendimento effettivo ottenibile da un investitore.
Non è un caso che la quasi totalità degli ETF replichino indici Net Total Return al fine di fornire un parametro corretto per il mondo reale.
Ad ogni modo i gestori degli ETF diligentemente cercano di ottimizzare la struttura fiscale dei loro veicoli, per esempio non omettendo la richiesta di rimborso laddove possibile. Ad ogni modo la tassazione rimane un elemento concreto e non completamente eliminabile anche all’interno di uno stesso continente (vedi ad esempio un indice azionario europeo come l’MSCI Europe) che dipende dalla nazionalità del veicolo - Irlandese, lussemburghese ecc - e dal paese di provenienza del provento. Per questo motivo, è essenziale che ogni investitore sia consapevole delle differenze tra le varie versioni degli indici e del loro impatto sulla performance percepita.
Tra gli ETF da segnalare:
L’AXA IM MSCI Europe Equity PAB UCITS ETF - Isin IE000YASIPS3 - (AIME) TER 0,14%, replica passivamente l’ indice MSCI Europe Climate Paris Aligned Index che include un paniere di società Europee le cui emissioni di CO2 sono coerenti con gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul Clima.
Dal lancio avvenuto il 18/01/2024, l’ETF ha registrato una performance fino a fine luglio 2025 del +17,73% vs una performance del relativo indice benchmark del +17,31% realizzando quindi una sovra-performance dello 0,42%. Risultato raggiunto grazie ad una meticolosa ottimizzazione della tassazione dei dividendi.