BOND EMERGENTI - Ritorni positivi nel 2023, emissioni in Dollari USA col contagocce
Ritorno positivo da inizio anno per gran parte degli ETF specializzati nel segmento delle obbligazioni emergenti

Fatto
Al vertice BRICS (raggruppamento delle economie mondiali di Brasile, Russia, India e Cina, Sudafrica) di Johannesburg è stata presa la decisione storica di allargare la compagine con l'ingresso di altri sei "membri effettivi" dal primo gennaio 2024: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.
Un punto chiave all’ordine del giorno del meeting era la riduzione della dipendenza dal dollaro nei mercati emergenti.
Premesso che sarà piuttosto complicato sostituire il Dollaro USA come punto di riferimento mondiale, se la credibilità dei BRICS si vorrà rafforzare mediante l'ingresso di Paesi come Argentina (in perenne stato di default) e Iran (fuori da molti accordi internazionali), è pur vero che ciò di fatto sta già accadendo.
La vendita di obbligazioni in Dollari da parte dei Paesi in via di sviluppo è infatti crollata al livello più basso dal 2021 ad agosto, quando i rendimenti globali hanno registrato un’impennata sui massimi pluriennali e 15 paesi emergenti si sono trovati in situazione di stress.
Nel corso del mese sono stati raccolti solo 1,4 miliardi di Dollari nel debito emergente, rispetto ai 4,5 miliardi di dollari di agosto 2022 e rispetto alla media delle vendite mensili pari a 15,4 miliardi di dollari nel corso del 2023.

Il risultato del collasso nelle vendite è che stanno diventando sempre più diffusi strumenti alternativi di prestito nei paesi emergenti e nei mercati di frontiera, attirando più investitori che perseguono priorità quali obiettivi ambientali, sociali e di governance.
Il lato positivo è che una bassa offerta di obbligazioni "plain vanilla" tende a sostenere i prezzi delle emissioni che gli investitori già detengono e dunque a tenere sotto controllo i rendimenti.
“Se la domanda è maggiore dell’offerta, ciò tende a creare un effetto positivo sulle obbligazioni” che già circolano sul secondario, ha affermato Philip Fielding, co-responsabile dei mercati emergenti presso Mackay Shields UK, il quale ha affermato che sta acquistando debito emergente sui mercati secondari per la sua società che gestisce obbligazioni per 134 miliardi di dollari, mentre diminuiscono le emissioni sul primario. “In molti casi ha senso restare investiti e poi passare a una nuova emissione più conveniente invece di aspettare".
Lo stallo della ripresa economica cinese e un’impennata dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA, ai livelli più alti da l2007, contribuiscono ad alimentare la ricerca
di fonti di finanziamento alternative.
“Per gli emittenti con rating più elevato che possono aspettare ad emettere, è preferibile rinviare le operazioni in modo da avere maggiori possibilità di ottenere un prestito più economico”, ha affermato Reza Karim, gestore degli investimenti presso Jupiter Asset Management a Londra, mentre accade che “per alcuni emittenti con rating bassissimi, il tasso di mercato oggi è troppo alto e l'accesso al mercato primario è limitato."
Paradossalmente, in parte a causa della scarsità di "nuove vendite" sul primario, il rendimento medio del debito sovrano dei mercati emergenti è recentemente sceso all’8,26%, dopo aver toccato il massimo degli ultimi nove mesi pari all’8,43% quando l'acuirsi delle difficoltà della Cina hanno innescato un brusco sell-off.
Effetto
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