Starlink, le trattative con Meloni e il risiko delle telecomunicazioni

Le discussioni in corso aprono dilemmi sia strategici sia economici. Preoccupa l'idea di mettere la sicurezza nazionale in mano a un imprenditore straniero, tanto visionario quanto discutibile

Un aereo supersonico in volo attraversa il cielo, evidenziando l'aerodinamica avanzata e i progressi della tecnologia aerospazia

Dalle attività militari ai servizi, fino alla diplomazia: la comunicazione dei settori chiave per la sicurezza nazionale italiana potrebbe finire in mano a un imprenditore straniero, tanto visionario quanto discutibile, perdipiù legato a una precisa area politica di una potenza estera. Ed è così che le trattative tra il governo italiano e Starlink, la costellazione di satelliti per la connessione di Elon Musk, aprono dilemmi sia strategici sia economici.

L’ipotesi è quella di un contratto pluriennale da 1,5 miliardi di euro per servizi di telecomunicazione per governo e istituzioni. Sarebbe il primo grande colpo istituzionale di Musk in un Paese UE, che potrebbe aprire a un’espansione su più larga scala, anche a livello civile-privato, con una prospettiva che spaventa gli altri operatori del settore.

Starlink e SpaceX

Ma andiamo con ordine. Starlink fa parte di SpaceX, il gruppo spaziale di Musk, e consente una connessione ad alta velocità, ad oggi lievemente inferiore alla fibra ottica, senza passare da infrastrutture terrestri. E in questo è la numero uno, vantando oltre 6mila satelliti in orbita, ovvero 10 volte quelli della concorrente anglo-francese OneWeb.

Vantaggi e rischi di Starlink

I vantaggi sono quelli di una copertura agevole anche in aree remote, senza dover passare dalla messa a terra di cavi in fibra ottica, con risparmi di tempo e denaro. Inoltre, la connessione rimane attiva anche in caso di catastrofi naturali o attacchi militari (l'accordo Ucraina-Starlink ne è la dimostrazione). Ad oggi, per avere il segnale è necessaria un’antenna, ma nel prossimo futuro sarà ricevibile direttamente sui cellulari.

Ma ci sono anche diversi rischi, che derivano dall’affidare la sicurezza nazionale a un’azienda privata, gestita da un imprenditore con simpatie per i populismi di mezzo mondo (di recente ha fatto scalpore il suo appoggio alla destra radicale tedesca dell’Afd), che avrà anche un ruolo attivo nella prossima amministrazione USA targata Donald Trump.

Starlink sarebbe pronta a garantire al governo guidato da Giorgia Meloni, in forte sintonia (apparentemente) sia con Musk che con il prossimo inquilino della Casa Bianca, l’utilizzo di sistemi di cifratura propri e la gestione delle antenne terrestri. La società agirebbe quindi da “mera” infrastruttura. Tuttavia, oltre al pericolo di potenziali “backdoor”, il servizio sarebbe pur sempre nelle mani di un privato, che teoricamente potrebbe spegnerlo e attivarlo a suo piacimento.

Per questo le opposizioni stanno chiedendo al governo di chiarire i dettagli delle trattative, mentre, come riportato da Repubblica, il ministero degli Esteri avrebbe chiesto l’inserimento del contratto in un accordo quadro più esteso con gli USA, al fine di ottenere maggiori garanzie.

L’alternativa europea Iris2

Ça va sans dire, un’infrastruttura nazionale o europea darebbe maggiori tutele. Ma il pugno di satelliti per comunicazioni militari che l’Italia ha messo in orbita ad oggi è più costoso – 300 milioni di euro per ciascuna “capsula spaziale” – e tecnologicamente inferiore rispetto a Starlink.

Mentre Iris2, la rete di 290 satelliti voluta dall’Unione europea per essere autonomi in questo settore, è ancora agli inizi del suo percorso. E gli ostacoli sono culminati con lo slittamento della consegna dal 2027 al 2030 da parte delle aziende incaricate della sua costruzione.

Secondo il giornalista Filippo Santelli, “la premier Meloni potrebbe presentare l’accordo con Musk come una soluzione ponte, in attesa della costellazione europea”, a cui partecipa anche Leonardo attraverso la controllata Telespazio. Tuttavia, l’operazione sarebbe comunque criticabile dalle opposizioni e nel resto del Continente, considerando che Trump e Musk sono “due figure per cui un’Europa divisa è più conveniente” per la loro strategia politica.

La sfida nella connessione civile

La sfida di Starlink riguarda anche la connessione a cittadini e imprese. E infatti Asstel, l'associazione di Confindustria che rappresenta le tlc, sta sollecitando il governo a rivedere le regole per la banda larga satellitare. Perché quelle attuali non sono state concepite per prendere in considerazione il modello di business di aziende come Starlink, che competono direttamente con gli operatori di telecomunicazioni locali.

In particolare, secondo un documento Asstel visionato da Reuters lo scorso novembre, le principali criticità riguardano la normativa sull’uso delle frequenze e l’archiviazione dei dati sensibili.

In Italia, Starlink ha già sperimentato accordi con Open Fiber ed Eolo per utilizzare la loro porzione di frequenze. E dal punto di vista commerciale ha lanciato abbonamenti economici a 29 euro al mese, oltre a quello da 40. Ad oggi, Starlink conta circa 40.000 abbonati nel nostro Paese e, benché la sua connessione sia più lenta rispetto alla fibra, la tecnologia continua a evolversi.

Sicuramente la costellazione di SpaceX ha un forte vantaggio per la connessione delle aree nazionali attualmente prive di rete veloce, uno dei temi più problematici del PNRR. Tim, concorrente più volte accusata da Musk di mettergli i bastoni tra le ruote nel mercato italiano, è sicuramente interessata agli sviluppi.

E sarà interessante vedere cosa succederà dopo l’apertura di un bando per la connessione satellitare nelle zone montane della Lombardia, atteso per i prossimi giorni. Il cavallo favorito per la vittoria, ovviamente, è Starlink.

 

 


Gianluca Brigatti

Giornalista Finanziario