Italia, salari bloccati da vent'anni

I salari stagnanti  e la scarsa mobilitazione sindacale sollevano dubbi sull'efficacia dei sindacati

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In Italia, i salari sono stagnanti da oltre trent'anni, eppure le manifestazioni di protesta sono rare e di breve durata, sollevando interrogativi sull'efficacia dei sindacati.

Secondo l'OCSE, l'Italia è l'unico Paese sviluppato in cui i salari, corretti per l'inflazione, sono diminuiti tra il 1990 e il 2020, ostacolando la crescita economica.

Sebbene le retribuzioni siano aumentate del 9% tra il 2021 e il 2022, rimangono inferiori rispetto all'inflazione e ai tassi di crescita salariali di Germania e Francia.

Questo ritardo è in parte attribuibile a un tasso di occupazione del 67%, il più basso della zona euro, che limita il potere contrattuale dei lavoratori.

Dopo uno sciopero nazionale, il segretario della Cgil ha promesso cambiamenti, ma le azioni sindacali in Italia raramente superano le 24 ore.

La Cgil sta cercando di abolire il 'Jobs Act' e di introdurre leggi contro i contratti a basso salario, ma le proposte non trovano sostegno.

Nonostante un'adesione sindacale relativamente alta, l'attivismo è scarso.

In altri Paesi, come gli Stati Uniti, gli scioperi sono più efficaci. I lavoratori italiani, privi di indennità durante gli scioperi, si sentono costretti a non protestare. Gli scioperi tendono a essere difensivi, mentre in Germania si seguono procedure più strutturate.

La situazione è aggravata dai ritardi nel rinnovo dei contratti, con oltre la metà dei lavoratori in attesa di aggiornamenti. Gli esperti sostengono che servono più scioperi per migliorare le condizioni lavorative.