Escalation in Iran, sale il petrolio, deboli le borse dell'Asia Pacifico

Una flotta di 123 aerei partita dal Missouri ha bombardato i tre principali siti nucleari dell’Iran: Trump ha detto che le infrastrutture sono state annientate. L’Iran ha annunciato che risponderà

Una città in costante attività, dove il petrolio è il cuore pulsante dell'economia.

L’inaspettata incursione degli Stati Uniti di sabato notte sull’Iran spinge su le quotazioni del petrolio, il greggio tipo Brent è in rialzo del 2% a 78,5 dollari il barile. In queste ore nulla di rilevante è successo sui tratti di mare dove incrociano le petroliere nel Golfo Persico: la navigazione nell’osservatissimo Stretto di Hormuz è tutto sommato regolare.

Una flotta di 123 aerei partita dal Missouri ha bombardato i tre principali siti nucleari dell’Iran: Donald Trump ha detto che le infrastrutture sono state annientate. L’Iran ha annunciato che risponderà.

Petrolio

In un report di queste ultime ore, Goldman Sachs apre alla possibilità di gravi interruzioni delle forniture dalla regione del Golfo Persico.
Se i flussi di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz dovessero ridursi della metà per un mese e rimanere inferiori del 10% per altri 11, il Brent salirebbe brevemente fino a 110 dollari al barile, avvertono in una nota gli analisti del team guidato da Daan Struyven. Se invede l'offerta iraniana dovesse diminuire di 1,75 milioni di barili al giorno, il Brent raggiungerebbe un picco di 90 dollari.

In Asia Pacifico le borse sono deboli. Indice MSCI Asia Pacific -1%.

La notizia dell’inversione di rotta di due due superpetroliere in transito a Hormuz contribuisce a spingere al rialzo i noli marittimi e le azioni delle società di navigazione. In Cina, Ningbo Marine sale del 10%. Nanjing Tanker +10%, Phoenix Shipping +10%. Fujian Guohang Ocean Shipping +13%. In Corea del Sud, le azioni di HMM salgono del 7%, Pan Ocean +5,8%, Korea Line +6%.

In calo le società dell’high tech, in particolare quelle dell’industria dei chip: il Wall Street Journal ha scritto sabato che il governo degli Stati Uniti intende revocare i permessi speciali che autorizzavano alcune società della Corea e di Taiwan di vendere in Cina prodotti assemblati anche con chip Made in USA.

Non ci sono segnali di una corsa ai beni rifugio: l’oro è in lieve calo a 3.360 dollari l’oncia. Lo yen, un altro degli indicatori dello stress, segnala una buona tenuta della propensione al rischio, la valuta giapponese si indebolisce per il terzo giorno consecutivo a 146,9.

Cina

Deboli le borse. Sia l’Hang Seng di Hong Kong che l’indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen sono poco sotto la parità. In calo dell’1% il Taiex di Taipei.

Morgan Stanley vede un potenziale aumento della volatilità dei mercati cinesi nei prossimi mesi, e indirizza gli investitori verso i titoli tecnologici e i titoli a rendimento da dividendi piuttosto che verso una strategia incentrata sul beta.
È sempre più probabile che si verifichino condizioni di maggiore volatilità con l'avvicinarsi di molteplici date commerciali e tariffarie, scrivono in una nota gli analisti tra cui Laura Wang. Le date chiave includono il 9 luglio, la fine di una pausa di 90 giorni sulle tariffe reciproche degli Stati Uniti verso paesi diversi dalla Cina, e il 12 agosto, la fine di una pausa di 90 giorni specifica per la Cina su alcune tariffe statunitensi. La banca suggerisce di mantenere le società di alta qualità del settore tecnologico e di internet con un forte vantaggio in termini di intelligenza artificiale. Gli utili del secondo trimestre dovrebbero essere in linea, ma la potenziale mancanza di chiarezza sul commercio potrebbe riaccendere lo scetticismo e innescare prese di profitto nel secondo semestre.

La borsa di Tokyo è in calo dello 0,3%. Indice Kospi di Seul -0,5%. Ha aperto in calo di circa l’1% l’azionario dell’India. Ribasso di circa il 2% dell’indice PSE delle Filippine.


Marino Masotti

Caporedattore