Borse della Cina in calo, salgono le azioni a Tokyo, Seul e Mumbai
Indice Nikkei +0,5%. Lo yen è più o meno sui livelli di venerdì su dollaro, a 147,6. Il rendimento del bond governativo giapponese a dieci anni raggiunge un nuovo massimo dal 2009, a 1,57%

La settimana inizia in Asia Pacifico con l’azionario contrastato, mentre i tassi di rendimento dell’obbligazionario salgono dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha accennato alla possibilità di un “periodo di transizione” della prima economia del mondo.
Giappone: crescono salari e prezzi
La borsa di Tokyo è in rialzo, indice Nikkei +0,5%. Lo yen è più o meno sui livelli di venerdì su dollaro, a 147,6. Il rendimento del bond governativo giapponese a dieci anni raggiunge un nuovo massimo dal 2009 a 1,57%.
Le paghe dei lavoratori giapponesi sono aumentate al ritmo più veloce degli ultimi 32 anni. La retribuzione di base è cresciuta del +3,1% a gennaio rispetto a un anno prima, il più grande avanzamento dall'ottobre 1992, ha riferito il ministero del Lavoro stanotte. Inoltre, una misura più accurata che evita problemi di campionamento ed esclude i bonus e gli straordinari, ha mostrato che i salari per i lavoratori a tempo pieno sono cresciuti del +3%, superando tale soglia per la prima volta da luglio. I dati hanno evidenziato l'impatto della crescita dei prezzi, in quanto i guadagni reali in contanti sono scesi dell'1,8%, è il calo più consistente dal marzo 2024 è anche più pesante delle previsioni degli economisti (-1,6%). Nel complesso, i dati indicano che le tendenze salariali di fondo rimangono solide, anche se i lavoratori continuano a vedere i loro bilanci familiari indeboliti dalla persistente inflazione.
Le borse della Cina scendono. L’indice Hang Seng di Hong Kong perde l'1,5%. Indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen -0,6%. Taiex di Taipei -0,3%.
La Cina risponde ai dazi di Canada e Stati Uniti
I dazi del 10-15% su alcuni prodotti agricoli americani entrano oggi in vigore in Cina: si tratta dell’ultima rappresaglia di Pechino contro la decisione di Washington di raddoppiare al 20% le tariffe su tutto l'import verso gli Stati Uniti di beni made in China. Alla base dell’innalzamento delle barriere non ci sono i commerci ma il fentanyl, la droga sintetica che è responsabile di circa 100mila morti all'anno in America.
Nel mirino della Repubblica Popolare, che dice di essere molto severa sul contrasto alla diffusione di droghe, sono finiti soia, sorgo, carne di maiale e manzo, prodotti ittici, frutta, verdura e prodotti lattiero-caseari tutti colpiti al 10%, mentre pollame, grano, cotone e mais sono nel gruppo di aliquota al 15%. Le tariffe, inoltre, non si applicheranno alle merci partite prima del 10 marzo, purché arrivino in Cina entro il 12 aprile.
Secondo gli analisti, la ritorsione di Pechino punta a colpire la base elettorale di Trump, pur rimanendo tanto contenuta da consentire di elaborare un eventuale negoziato ed accordo commerciale.
Negli Stati Uniti i contadini sono in rivolta contro le decisioni sui dazi: la stragrande maggioranza degli scambi commerciali globali di prodotti agroalimentari è rappresentata da commodity, cioè da materie prime agricole spesso indifferenziate i cui commerci sono guidati dalla variabile prezzo. Produzioni con bassa marginalità per le quali l’imposizione di un dazio può immediatamente spingere le imprese fuori mercato.
La Cina risponde anche al Canada. Il Ministero delle Finanze ha dichiarato in un comunicato pubblicato sabato su che saranno applicate tariffe del 100% sull'olio di colza, sulla farina di colza e sui prodotti a base di piselli, più una tassa del 25% sulle importazioni di carne di maiale e di alcuni frutti di mare. Le modifiche entreranno in vigore il 20 marzo. L'anno scorso il Canada aveva imposto un prelievo del 100% sulle auto elettriche e del 25% su acciaio e alluminio provenienti dalla Cina. Ciò aveva indotto il governo cinese a lanciare un'indagine antidumping sulle importazioni di colza dal Canada e a presentare un reclamo all'Organizzazione mondiale del commercio.
Cina: i consumatori non spendono e i prezzi non salgono
L'inflazione è scesa molto più del previsto, sotto lo zero per la prima volta in 13 mesi, il dato è falsato da distorsioni stagionali ma è comunque il segnale di pressioni deflazionistiche che persistono nell'economia. L'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,7% rispetto a un anno prima, ha dichiarato ieri l'Ufficio nazionale di statistica, rispetto al +0,5% del mese precedente.
Gli analisti censiti da Bloomberg si aspettavano un calo dello 0,4%. Anche se aggiustata per l'effetto della festività del Capodanno lunare anticipata rispetto al solito, l'inflazione al consumo è rallentata fino a raggiungere uno dei livelli più deboli degli ultimi mesi, secondo Goldman Sachs. L’inflazione che esclude voci volatili come cibo ed energia, è diminuita per la prima volta dal 2021 con un calo dello 0,1%: è la seconda volta in quindici anni che l'indicatore si contrae. La deflazione industriale si è estesa al 29° mese.
Altrove, in Asia, è in lieve rialzo la borsa di Seul, indice Kospi +0,2%: la Corea del Nord ha sparato stanotte alcuni missili balistici, in risposta alle esercitazioni miliari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud. Sulla parità l'indice di riferimento dell'azionario dell'Australia. BSE Sensex di Mumbai +0,3%.

