TIM, quali scenari si aprono con la discesa in campo di CVC

Nella battaglia per il 24% del gioiello italiano potrebbero rientrare anche APAX e Bain Capital. Cassa Depositi e Prestiti (e il governo) sarebbero contenti dell'addio dei francesi

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Britannici e americani tornano a scontrarsi in Italia, questa volta per contendersi una fetta di TIM   , quella detenuta dai francesi di Vivendi. In questa nuova Saratoga, le giubbe rosse del fondo CVC Capital sembrano in vantaggio nell’aggiudicarsi il 24% del gruppo italiano: secondo Bloomberg, le trattative preliminari sono avviate.

Anche APAX, sempre dalla Gran Bretagna, potrebbe essere interessato a scendere in campo, stando alle indiscrezioni del Sole 24 Ore. Mentre il Messaggero ha messo sotto i riflettori Bain Capital, soprattutto considerando che il gruppo statunitense è già presente in Italia nel comparto IT con il 50% di Engineering. E altri fondi potrebbero entrare in questo risiko da un momento all’altro.

Perché Vivendi vuole vendere TIM

Ma il prezzo di acquisto è un tema critico. Vivendi cerca di tamponare le perdite ed è difficile che svenda sotto quota 1,5 miliardi, rispetto al valore attuale di mercato che viaggia attorno al miliardo. Anche riuscendo in questo intento, i francesi perderebbero circa 2,4 miliardi, considerando i 3,9 investiti ormai parecchi anni fa. Ma evidentemente la voglia di terminare la mesta esperienza in TIM è più forte dell’attesa di una eventuale valorizzazione che la porti vicina alla quota d’ingresso.

Diversi i motivi che spingono Vivendi a questo atteggiamento, dai rapporti tiepidi con il governo al mai nato feeling con il resto della società, culminato con il ricorso contro la vendita della rete TIM a KKR.

Inoltre, i francesi hanno attivato un finanziamento mettendo a pegno gli asset del proprio portafoglio, sottoscrivendo un meccanismo per cui se le quotazioni dei titoli a garanzia scendono sotto una certa soglia, bisogna pagare delle somme ai creditori. Da qui la preoccupazione che la voce TIM, la seconda del Gross Asset Value di Vivendi, possa accendere delle spese non gradite.

CDP, governo e prospettive

L’altro grande nome dietro il gruppo italiano di telecomunicazioni, Cassa Depositi e Prestiti, è alla finestra, probabilmente nella speranza di liberarsi finalmente di un socio scomodo. La società controllata dal Ministero dell'Economia ha già buoni rapporti con CVC, con cui vanta una partecipazione congiunta in Maticmind.

Ma anche il passaggio da Vivendi a uno degli altri fondi su cui si rincorrono i rumors sarebbe ben visto. Soprattutto considerando che si potrebbero aprire nuovi orizzonti su tutte quelle operazioni finora bloccate dai francesi, come la conversione o l’Opa parziale sulle azioni risparmio o le attività di aggregazione su TIM Enterprise, la divisione focalizzata sulle soluzioni digitali per imprese e pubbliche amministrazioni. Ci sono poi le ipotesi di consolidamento (il nome che potrebbe venire alla mente è Iliad) oppure operazioni sul ramo brasiliano (come cessioni o all’opposto buyback) che non sarebbero da escludere.

Certo, la rilevanza strategica degli asset di TIM, come la rete 5G, Telsy (attiva nel settore della sicurezza delle comunicazioni) e i data center, comporterà necessariamente un confronto diretto con il governo, senza CDP quale “intermediario”. Tuttavia, CVC e Bain al momento non sono percepiti come attori ostili e, se questa dinamica non dovesse cambiare, non ci sarebbe da temere l’attivazione del Golden Power.


Gianluca Brigatti

Giornalista Finanziario