SPREAD - Ora fa più paura quello della Francia

L'epicentro della crisi è nei mercati dei capitali all'ingrosso, in vista delle turbolenze pre voto in Francia, tutti vogliono la carta tedesca, più stabile e meno a rischio di margin call

Grafico che mostra l'aumento dello spread tra due titoli obbligazionari.

La borsa di Milano frana (FtseMib -2,5%) e lo spread Bund/BTP sale a 152 punti base, massimo degli ultimi quattro mesi, ma a far paura oggi è un altro spread, quello tra il decennale tedesco e l’omologo francese.

Il terremoto politico provocato dall’esito delle elezioni europee ha spinto lo spread Bund-OAT (Obligations Assimilables du Trésor) a 73 punti base, in prossimità di livelli visti nel 2012.

Un’altra crisi del debito è in arrivo in Europa?

Secondo il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, intervistato oggi da una radio francese, esiste questa possibilità. Sempre stamattina, Marine Le Pen, data in vantaggio dai sondaggi, ha promesso un ''governo di unità nazionale'' in caso di vittoria del Rassemblement National.

La politica c’entra, ma fino a un certo punto. 

Per capire i movimenti del mercato di questa settimana, la peggiore da luglio per quanto riguarda l’indice EuroStoxx50, si deve tornare alla finanza, ai mercati dei capitali all’ingrosso.

I soggetti che si scambiano carta e liquidità non hanno particolari interessi per l’esito delle elezioni in Francia, vogliono semplicemente stare tranquilli in caso di turbolenze e quindi preferiscono ancorarsi a quel che di più solido c’è in Europa, la Germania.

Da lunedì tutti sono alla caccia del titolo di Stato tedesco a due anni (Schatz), perché rispetto a quello italiano o portoghese o a quello spagnolo o francese, è meno volatile e scongiura il rischio di una perdita di valore del collaterale usato nelle transazioni su questi mercati.

Di solito, in condizioni normali, gli scambi di capitali si regolano dando a pegno governativi dell’Europa, quelli tedeschi ma anche italiani e altri ancora, ma con l’approssimarsi delle turbolenze politiche, è meglio non correre il rischio di reintegro del margin call, è quindi più sicuro avere un collaterale tedesco. (Cosa sia il Margin Call lo spiega bene il personaggio di Jeremy Irons nell’omonimo film del 2011). 

Questo argomento è valido ogni volta ci sia un’impennata della volatilità, ma lo è ancora di più a fine semestre, spartiacque importante dell’anno perché i risk manager di banche, assicurazioni e altri soggetti finanziari, sono tenuti a fornire rendicontazioni alla Sorveglianza il 30 giugno. 

Parte così la corsa all’acquisto dello Schatz.

Il tasso di rendimento del biennale tedesco scende oggi di dieci punti base a 2,36%, trenta punti base in meno dei livelli pre-elezioni europee. Per comprendere la portata del movimento, ed anche per provare a capire quanto possa andare avanti, si deve entrare in una ulteriore complessità: il differenziale tra lo Shatz e il suo Swap (qui purtroppo non c’è un film ad aiutare).

Questo indicatore, usato come parametro di riferimento dagli operatori, è passato da -30 a -47. Siamo arrivati sui massimi da inizio anno, a circa metà strada dai massimi toccati nell’estate del 2022, il momento nero della crisi dei margin call provocata dall’impennata del prezzo del gas ad Amsterdam.

Le turbolenze sono più forti sulla parte a breve della curva proprio perché per il collaterale si usano perlopiù titoli a due o tre anni, infatti, lo spread Bund BTP a due anni è sui livelli di ottobre 2023, mentre sui dieci anni siamo a febbraio 2024. 

C’è infine il timore che il l’ombrello protettivo della BCE (TPI) possa non aprirsi.

La leva di attivazione del meccanismo anti frammentazione (nel gergo di Francoforte l’allargamento dello spread), in teoria ce l’ha in mano Christine Lagarde, per cui, non ci dovrebbe essere un problema con lo stigma che ricade sui chi chiede aiuto. Il TPI si può però attivare solo se i paesi bisognosi di protezione non sono sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo, o almeno, se lo sono, che si siano impegnati a mettere in atto i rimedi prescritti dalle autorità di Bruxelles.

Francia e Italia, insieme ad altri otto paesi, saranno di certo nella lista dei cattivi che la Commissione Europea presenterà mercoledì. Per cui, viene il dubbio che le raccomandazioni di un organismo debole perché in scadenza, vengano ignorate dal nuovo corso della politica francese, con il risultato di far perdere credibilità alle istituzioni europee e alla sua valuta.

L’euro è già sui minimi di medio periodo e se si guarda al forte aumento delle posizioni ribassiste attraverso opzioni call, c’è da pensare che nei prossimi giorni il trend non cambierà di molto.


Marino Masotti

Caporedattore