Da Barclays due bond che sfidano il calo tassi
Barclays lancia due bond pensati per incrementare i rendimenti dei Titoli di Stato italiano ed americano. L’ISIN XS3178397074 in euro paga il 4,7% e l’ISIN XS3178397231 in dollari il 6,5%.

Dalla fine del 2023 si è assistito ad un marcato calo dei tassi, sia in area Euro sia in negli USA. Il tasso del BTP decennale, per esempio, è passato dal 5% all’attuale 3,40% circa, mentre il Treasury di pari scadenza nello stesso arco temporale è passato dal 5% al 4,10% circa. Nonostante ciò, come ha dimostrato anche l’ultimo collocamento del BTP valore, l’interesse per questo mondo non tende a scemare.
Insieme a Barclays abbiamo cercato di rimediare a questo calo dei tassi con una proposta innovativa a tasso fisso.
Ci riferiamo ai due Bond, uno in euro e uno in dollari, emessi dall’emittente inglese e ideati da Websim by Intermonte con struttura Digital Coupon con Memoria. Il bond ISIN XS3178397074, espresso in euro, paga una cedola annuale del 4,7%, condizionata ad una barriera pari al 4% riferita al tasso del BTP decennale italiano, mentre quello ISIN XS3178397231, espresso in dollari, paga una cedola del 6,5%, condizionato ad una barriera pari al 4,75%, riferita al tasso del Treasury USA. Entrambi i bond prevedono la memoria per recuperare eventuali cedole non pagate e sono ideali per chi sposa una view di tassi mediamente bassi nei prossimi anni. Tra l’altro, come vedremo, la prima cedola pagata a novembre 2026 è certa per entrambi i prodotti. È evidente il pick up di questi due bond sui benchmark. Nel primo caso, quello in euro, al momento il tasso del bond è maggiore di circa 1,3% lordo all’anno rispetto a quello del BTP decennale, mentre quello in dollari paga circa il 2,5% lordo in più del Treasury decennale.
Cerchiamo allora di capire insieme il contesto in cui questa emissione si inserisce e approfondiamone la struttura.
Dall'Italia agli Stati Uniti: prospettive sui tassi di interesse e il ruolo delle Banche Centrali
Partiamo dall’Italia. Il Bel Paese, in questo momento, è tra gli Stati europei favoriti dal mercato. L’ottima tenuta dei conti, sommata alla stabilità politica, ha portato lo spread sul Bund a dei livelli storicamente bassi, intorno ai 75 bp, grazie anche al plauso delle agenzie di rating, divise tra chi ha deciso di upgradare il nostro rating e chi solo l’outlook. In ogni caso una condizione particolarmente rosea se, ad esempio, consideriamo le difficoltà che stanno vivendo soprattutto Francia ed Inghilterra. Il 21 novembre si esprimerà anche Moody’s, da sempre quella più critica nei nostri confronti.
Quanto detto si traduce in tassi a lungo termine in calo e molto vicini al costo medio del nostro debito pari a circa il 3%. Questo, pertanto, consente al MEF di rifinanziare il debito anche su scadenze lunghe senza aumentarlo in modo significativo, migliorando così la sostenibilità del debito stesso e quindi anche la potenziale appetibilità agli occhi degli investitori. In prospettiva i tassi potrebbero permanere su livelli relativamente contenuti, in un contesto di crescita bassa e spinte inflattive moderate, a meno di eventi straordinari. Anche il recente spostamento al 2028 della partenza degli obblighi su edifici e trasporto (cd ETS2) in tema di emissioni di CO2, potrebbe portare la BCE a ridurre le stime di inflazione al 2027, aprendo eventualmente lo spazio per un ulteriore taglio dei tassi. Nel frattempo, i dazi trumpiani stanno avendo un impatto per ora limitato sull’inflazione e potrebbero essere eventualmente ridimensionati se la corte suprema USA ne dovesse dichiarare la non validità in toto o in parte.
Spostiamoci ora oltreoceano, negli States. Per gli USA, i tassi Treasury con scadenza compresa tra i 2 ed i 5 anni sono già attualmente molto vicini al costo medio del debito pari circa al 3,3%. Inoltre, la Fed ha un approccio estremamente accomodante, in vista anche di una ricomposizione del consiglio direttivo con un numero maggiore di membri filo trumpiani, a partire dal successore di Powell. In prospettiva, lo scenario base è di tassi su livelli storicamente contenuti, senza escludere il rischio di rialzi temporanei che potrebbero però posizionarsi su livelli non molto distanti dal costo medio del debito. In ogni caso tali rialzi potrebbero in casi estremi posizionarsi solo temporaneamente sopra il 5% sul comparto decennale, per evitare impatti eccessivamente penalizzanti sull’economia reale. Nel breve termine, viste le tensioni che stanno emergendo sul mercato monetario USA, alcuni membri Fed hanno esplicitamente ipotizzata la necessità di un ennesimo ricorso al QE, che implicherebbe la ripresa di un piano di acquisto di asset, Treasury in testa. Dal 1° dicembre di quest’anno, infatti, termina il Quantitative Tightening, ossia la riduzione del bilancio Fed. E quindi tutti i treasury che scadranno verranno automaticamente reinvestiti in altri treasury, calmierandone i prezzi e quindi i tassi corrispondenti. E non basta, perché i regolatori Usa stanno portando avanti un cambio regolamentare tale da consentire alle banche USA di comprare treasury in parziale esenzione dagli assorbimenti di capitale. E questo sarebbe un input fortissimo che porterebbe le banche a comprare Titoli di Stato in grandi quantità, soprattutto con scadenze medio lunghe, con impatto importante sui tassi. Anche l’impatto inflattivo dei dazi potrebbe essere solo temporaneo, mitigato in parte dal prezzo dell’energia ed in parte dalla componente affitti. Questi ultimi infatti potrebbero ridimensionarsi grazie alle politiche di controllo dell’immigrazione che ne potrebbero ridurre la domanda.
In generale però, il grosso problema delle economie occidentali sta nel fatto che, con l’invecchiamento della popolazione, il Pil cresce a ritmi molto più lenti e dunque tassi troppi alti sono estremamente dannosi poiché si traducono in oneri passivi crescenti, asfissiando le economie. Ecco perché è difficile pensare che i tassi possano rimanere molto al di sopra del costo medio del debito pubblico dei singoli paesi per troppo tempo.
Due obbligazioni pensate per dare un boost ai rendimenti calanti dei benchmark
Se il contesto macro è abbastanza chiaro, si può cogliere l’opportunità proposta da questa duplice emissione in euro e dollari. Si fissa un tasso maggiore rispetto a quello del BTP e del Treasury decennale, condizionandolo a dei livelli soglia ben ragionati. Vediamoli nel dettaglio.
Il bond ISIN XS3178397074 per chi vuole puntare sull’Italia
Il Bond è denominato in euro e paga un tasso fisso annuo (pagato annualmente) del 4,7%, condizionato all’andamento dell’indice Solactive BTP 10 Annual Comp. Yield (ticker Bloomberg SOITA10Y Index) che altro non è che un indice che replica il tasso del generico BTP decennale. Il trigger per il pagamento della cedola è pari al 4% del tasso del BTP decennale, che attualmente è al 3,4% circa (dunque se il tasso del sottostante sarà uguale o inferiore al 4%, il prodotto pagherà la cedola del 4,7% lordo). La data di osservazione è sempre a novembre e la prima cedola ha già passato il vaglio della data di osservazione (10 novembre 2025), dunque pagherà l’anno prossimo una cedola lorda di 47 euro per ogni 1.000 euro di nominale acquistati. Il meccanismo di osservazione è infatti in anticipo, ossia si osserva l’anno prima il tasso dell’indice di riferimento, per il pagamento della cedola condizionata dell’anno successivo.
Quindi, il pagamento della cedola del novembre 2027 sarà condizionato al livello del tasso del BTP 10 anni alla chiusura del 10 novembre 2026. E così via fino al 2035. Il prodotto prevede anche la possibilità di rimborso anticipato con autocall a partire da novembre 2027. Il trigger per il rimborso anticipato è pari ad un tasso dell’ìndice di riferimento (ossia di fatto il tasso del Btp decennale) del 3%. Dunque, se in una delle date di osservazione il tasso dell’indice di riferimento sarà pari o al di sotto del 3%, il bond verrà rimborsato pagando il 100% del nominale, più la cedola lorda del 4,7%, ed eventuali cedole non pagate precedentemente. Facciamo notare che il meccanismo per l'autocall funziona come quello per la cedola. Ovvero il prodotto va in rimborso se l'anno precedente alla data di osservazione per l'autocall, il tasso è sotto il livello trigger. Quanto detto vale anche per il bond in dollari naturalmente.
A scadenza, 19 novembre 2035, il bond pagherà il 100% del nominale. A ciò si aggiungerà la cedola lorda del 4,7%, ed eventuali cedole non pagate in precedenza (effetto memoria), a condizione che l’indice di riferimento sia pari o al di sotto del 4% nella rilevazione del 12 novembre 2034.
Facciamo notare due aspetti fondamentali. Il primo si evince dal grafico. Mentre è evidente come negli ultimi dieci anni, il BTP decennale ha superato il trigger del 4% solo per un breve periodo di tempo (circa un anno) e come ben sappiamo per motivi fortemente esogeni, è altrettanto evidente come sia rimasto invece per diversi anni al di sotto del trigger autocall. Questo conferma quanto detto in precedenza.
Considerando che la prima cedola è già stata fissata e verrà pagata per entrambi i bond a novembre 2026, a partire dal 2027 ogni data possibile potrebbe essere buona per il rimborso. Se ciò accadesse, l’investitore riceverebbe un rendimento molto alto per questa tipologia di prodotto, a fronte di una vita molto corta, lo scenario migliore possibile. Anche perché, essendo i tassi ormai già molto compressi, non vi è, come nel 2023, il rischio di doversi poi rifinanziare a tassi molto più bassi.
Sottolineiamo inoltre che, con un tasso cedolare del 4,7% annuo lordo, il prodotto ISIN XS3178397074 offre al momento un pick up sul tasso del BTP 10Y circa del 1,3% lordo (4,7% vs 3,4%), mentre al netto delle tasse, considerando la tassazione agevolata del BTP, intorno allo 0,5% annuo (3,5% vs 3%).
Il bond ISIN XS3178397231 per chi vuole puntare sugli USA
Il Bond è denominato in dollari e paga un tasso fisso annuo (pagato annualmente) del 6,5%, condizionato all’andamento del 10 Year US CMT Index (ticker Bloomberg H15T10Y Index) che altro non è che un indice che replica fedelmente i movimenti del rendimento del decennale americano. Il trigger per il pagamento della cedola è pari al 4,75% del tasso del Treasury decennale, che attualmente è circa al 4,1% (dunque se il tasso del sottostante sarà uguale o inferiore al 4,75%, il prodotto pagherà la cedola del 6,5% lordo). La data di osservazione è sempre a novembre e la prima cedola ha già passato il vaglio della data di osservazione (10 novembre 2025), dunque pagherà l’anno prossimo a novembre una cedola di 65 usd per ogni 1.000 Usd di nominale acquistati.
Il prodotto prevede anche la possibilità di rimborso anticipato con autocall a partire da novembre 2027. Il trigger per il rimborso anticipato è pari al 3,75%. Dunque, se in una delle date di osservazione l’indice di riferimento sarà pari o al di sotto del 3,75%, il bond verrà rimborsato pagando il 100% del nominale, più la cedola del 6,5%, ed eventuali cedole non pagate precedentemente.
A scadenza, 19 novembre 2035, il bond pagherà il 100% del nominale. A ciò si aggiungerà la cedola lorda del 6,5%, ed eventuali cedole non pagate in precedenza (effetto memoria), a condizione che l’indice di riferimento sia pari o al di sotto del 4,75% nella rilevazione del 10 novembre 2034.
Il discorso, fatto per il prodotto in euro, è ancora più marcato nel caso dell’ISIN XS3178397231 che replica l’andamento del Treasury decennale Usa. È evidente, infatti, come il decennale Usa abbia superato il trigger cedola solo nel 2023 e per pochi giorni. Dall’altra parte invece per diversi anni è stato sotto il trigger per l’autocall.
Anche il pick up sul Treasury decennale è maggiore. Infatti, il bond di Barclays in USD offre un tasso del 6,5% lordo vs al momento il 4,10% circa del benchmark, quindi il 2,4% lordo in più. Al netto delle imposte, invece, questo si riduce al 4,81% netto vs circa il 3,6% (con un pick up del 1,2%).
Disclaimer:
ll Bond ISIN XS3178397074 è soggetto ad un livello di rischio pari a 2 su una scala da 1 a 7. ll Bond ISIN XS3178397231 è soggetto ad un livello di rischio pari a 2 su una scala da 1 a 7. L’investimento in questa tipologia di Bond espone il risparmiatore al rischio default dell’emittente. Tutti i rendimenti espressi sono al lordo delle imposte.
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