Cosa sono i dazi? La guida semplice che ti spiega tutto in 5 minuti

I dazi sono tasse imposte sui beni importati, volti a favorire i prodotti nazionali aumentando i loro prezzi. Possono ridurre la competitività dei prodotti esteri, ma proteggono industrie locali.

La bandiera che svetta su un grattacielo di New York, rappresentando il cuore pulsante della nazione.

Le 3 cose da sapere per capire i dazi

  • I dazi sono tasse imposte sui beni importati, che aumentano il loro prezzo per favorire i prodotti nazionali. L'obiettivo è proteggere l'economia locale e scoraggiare l'importazione di merci estere.

  • Mentre i dazi sono applicati sui beni importati per ragioni economiche e protezionistiche, l'IVA è una tassa sul consumo che si applica a tutte le merci, sia nazionali che importate, senza fini protezionistici.

  • I dazi possono portare ad un aumento dei prezzi dei prodotti importati, influenzando i consumatori e l'economia. In alcuni casi, possono danneggiare le imprese che dipendono dalle importazioni, ma possono anche favorire le industrie nazionali.

Indice

Perché tutti parlano di dazi?

Se hai vissuto sul pianeta Terra nelle ultime settimane avrai probabilmente sentito parlare di dazi. Più specificatamente dei “dazi reciproci” imposti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a essenzialmente tutti i paesi del globo terracqueo eccezion fatta per Canada e Messico che erano già state colpite in precedenza, e altri pochi paesi come Russia, Bielorussia, Cuba e Nord Korea su cui sono già in atto sanzioni di vario tipo. La maggior parte di questi dazi, applicati su tutta la merce importata negli Stati Uniti salvo qualche categoria di prodotti, sono quantificati al 10% del valore della merce importata; tuttavia, per alcuni paesi questo numero è molto più elevato. Per esempio, nel caso dell’Unione Europea, l’amministrazione Trump aveva inizialmente imposto dei dazi al 20%, mentre nel caso della Cina questo numero è stato inizialmente imposto al 34% risultando essere uno dei paesi più duramente colpiti.

A questa decisione sono seguite giornate di fuoco in cui politici, media, economisti e mercati di tutto il mondo non hanno tardato a mostrare il proprio dissenso nei confronti di quella che, quasi all’unanimità, è apparsa come una decisione abbastanza controversa.

Fermiamoci un attimo e proviamo a rispondere al perché tutti gli attori sopra citati hanno reagito in modo brusco e repentino, e ancor più importante di questo, perché questo tema dovrebbe interessare chiunque, anche chi non investe nel mercato.

Cosa sono i dazi in parole povere

Facciamo un passo indietro e iniziamo con il definire cosa si intende per dazio. Un dazio è una tassa applicata ai beni che entrano (o escono) da un paese. Serve a far aumentare il prezzo dei prodotti esteri, così da “favorire” quelli nazionali.

Consideriamo un esempio pratico per visualizzare meglio il concetto. Immaginiamo che gli Stati Uniti decidano di imporre un dazio del 20% sull’olio extravergine d’oliva importato dall’Italia. Una bottiglia che prima costava all’importatore americano circa 6.50 dollari, con il dazio arriva a quasi 7.80 dollari. L’importatore rivende il prodotto a distributori o supermercati, pertanto a questo prezzo si sommano i margini di vendita del distributore e del supermercato, che per esempio assumiamo essere del 30%. Questo porta quindi il prezzo finale per il consumatore americano a oltre 10 dollari, contro i circa 8.40 dollari prima dei dazi. In pratica, un dazio del 20% può tradursi in un aumento del prezzo finale di oltre il 20%. Questo in teoria dovrebbe rendere i prodotti italiani meno competitivi sugli scaffali statunitensi favorendo il consumo dei prodotti locali.

Infografica rappresentativa del margine del rivenditore

Fonte: elaborazione di Websim Corporate

Dazio o IVA? Attenzione a non confonderli

Un altro punto che ha creato molta confusione nell’ultimo periodo è stato l’utilizzo improprio del significato di IVA (o VAT, in inglese) che è stato usato come sinonimo di dazio da alcuni dei protagonisti dell’amministrazione Trump. In verità, sebbene entrambe siano imposte e rappresentino entrate fiscali per lo stato che le impone, servono a scopi molto diversi.

  • Il dazio è una tassa sulle merci importate, applicata in base alla provenienza e alla tipologia del prodotto. Serve a proteggere l’economia interna, scoraggiare l’acquisto di prodotti esteri o fare pressione su altri paesi. Viene calcolato sul valore della merce + trasporto e può variare da prodotto a prodotto (es. 10%, 20%, 60%).
  • L’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto), invece, è una tassa sul consumo che si applica a tutte le merci, sia nazionali che importate. L’obiettivo non è protezionistico, ma puramente fiscale: tutti pagano l’IVA, a prescindere da dove provenga il prodotto. In Italia, ad esempio, l’IVA standard è al 22%.

Riprendendo l’esempio di sopra, se importi olio italiano negli USA, devi pagare un dazio del 20% perché l’origine è italiana. Se compri olio in Italia, paghi l’IVA del 22%, che però si applica anche all’olio prodotto nel Bel Paese.

L’impatto dei dazi in pillole

Finora abbiamo detto che i dazi servono a rendere più costosi, e dunque meno competitivi, i prodotti importati favorendo invece il consumo di merci prodotte internamente. Fin qua sembrerebbe tutto bene, ma quindi perché questi provvedimenti hanno creato preoccupazioni per le conseguenze sulle economie di tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti, scatenando la brusca correzione dei mercati? E soprattutto in che modo questo potrebbe impattare la persona comune senza esposizione nei mercati finanziari?

Ragioniamo un attimo per via logico-deduttiva e poi illustreremo tutto con un esempio semplice. Abbiamo visto nell'esempio di inizio articolo, che l'imposizione di un dazio su un prodotto (o semilavorato/materia prima) comporta in ultima analisi l'aumento del prezzo del prodotto finale che il consumatore dovrebbe pagare se volesse continuare ad acquistare lo stesso. L'alternativa è acquistare un prodotto "locale", ovvero la cui produzione è avvenuta all'interno del paese. Tuttavia, non è detto che la produzione locale sia sufficientemente sviluppata e/o specializzata. Ovvero, tale da beneficiare delle efficienze nei costi di produzione necessarie per poter offrire il bene finale al consumatore ad un prezzo competitivo. I consumatori finali si troverebbero dunque costretti a pagare di più per lo stesso prodotto.

Questo effetto di aumento dei prezzi sui beni che prima venivano importati, diventerebbe ancora più acuto per quei prodotti o materie prime per cui manca quasi totalmente una produzione locale. Potrebbe accadere, infatti, che nonostante i dazi, alcuni beni o semilavorati che gli Stati Uniti importavano non possano essere efficacemente riprodotti internamente, a meno di alzare significativamente i costi di produzione e quindi il prezzo finale. Pensate per esempio a delle scarpe Nike prodotte nei paesi del Sud Est Asiatico dove il costo della manodopera è una frazione di quello che la multinazionale si troverebbe a pagare se dovesse spostare la manifattura negli Stati Uniti.

Il risultato di questo, oltre che ad un aumento generale dei prezzi dei beni più colpiti dai dazi, e quindi possibilmente un aumento dell’inflazione, potrebbe successivamente essere un rallentamento dei consumi, un impatto negativo sugli utili delle società maggiormente coinvolte e possibilmente un rallentamento dell’economia. Non dovrebbe quindi sorprenderci che i mercati abbiano reagito negativamente alla notizia.

Esempio di impatto dei dazi

Come promesso, torniamo ora all’esempio dell’olio di oliva e seguiamo lo stesso filo logico spiegato nel precedente paragrafo. Per cominciare, in linea di principio, se il prezzo finale che deve pagare il consumatore americano per compare una bottiglia di olio importata dall’Italia sale (per esempio a oltre $10 dollari nell’esempio di prima), quest’ultimo sarà meno incline a comprare lo stesso prodotto che poco tempo prima avrebbe pagato meno. Quindi, sempre in linea di principio, il consumatore potrebbe cercare delle alternative locali all’olio italiano, per esempio potrebbe provare a comprare una bottiglia d’olio prodotta in California. Tuttavia, qua si presentano le complicazioni.

Per prima cosa, se in prima istanza i consumatori americani acquistavano olio italiano, significa a rigor di logica che questo fosse necessario a soddisfare la domanda di quel particolare prodotto. Quindi, non è detto che l’offerta locale, ovvero l’olio prodotto in California, per esempio, sia sufficiente a soddisfare tutto il fabbisogno dei consumatori americani. Se questo fosse il caso, allora a fronte di un’incapacità di aumentare la produzione locale, se non altro nel breve-medio periodo, i produttori di olio americano si troverebbero di fronte alla necessità di alzare il prezzo delle loro bottiglie. Questo si tradurrebbe in un aumento del prezzo dell’olio che i consumatori americani troverebbero sugli scaffali dei supermercati locali. Pertanto, sarebbero costretti a pagare di più se volessero acquistare l'olio d'oliva con conseguente effetto negativo sul loro potere d'acquisto e potenziale rallentamento dei consumi per quel tipo di prodotto.

Chi ci guadagna con i dazi?

Da quanto scritto finora, il lettore potrebbe essersi fatto un’idea piuttosto pessimista nei confronti del tema. Tuttavia, come in tutte le cose è giusto considerare le argomentazioni di entrambe le parti. Proviamo a considerare quindi le logiche a favore del provvedimento che probabilmente hanno almeno in parte spinto il presidente Trump e la sua amministrazione ad implementare questa politica economica.

Come abbiamo già descritto, i dazi creano a tutti gli effetti una barriera all’ingresso nei confronti di beni e merci prodotte fuori dal paese di origine. Pertanto, se una società americana avesse tutta la sua filiera produttiva sul territorio nazionale, e allo stesso tempo si trovasse a competere con aziende estere che esportano negli Stati Uniti, potrebbe effettivamente beneficiare di questa politica protezionistica.

Prendiamo l’esempio di un’azienda americana produttrice di acciaio. Questa azienda normalmente si trova a competere con le acciaierie presenti in paesi come l’India, per esempio. Le acciaierie indiane a fronte di un costo della manodopera significativamente più basso degli Stati Uniti riescono a produrre lo stesso bene delle rivali americane ad un costo di produzione fortemente inferiore. Questo è un vantaggio competitivo che si traduce, in assenza di barriere tariffarie e/o altre regolamentazioni, nella capacità di poter offrire un prezzo più basso per l’acciaio (o mantenere margini più alti al prezzo di equilibrio) rispetto alle rivali americane anche al netto dei costi di trasporto.

In assenza di dazi, quindi, le acciaierie americane che non fossero in grado di offrire l’acciaio al prezzo di mercato, (stabilito dal prezzo che i produttori a più basso costo sono in grado di sostenere), generando comunque un profitto, sarebbero dunque costrette a chiudere.

I dazi offrono pertanto un “aiuto” ad aziende, come le acciaierie, offrendo loro la possibilità di competere in un clima più favorevole rispetto ad un mercato di libero scambio. Questa manovra dovrebbe quindi beneficiare la produzione interna in alcuni settori.

Conclusioni: come pesare i pro e i contro?

In questo periodo non avrete sicuramente fatto fatica a leggere ed ascoltare opinioni di qualsiasi tipo da parte di esperti e no. In questo articolo, non intendiamo unirci al coro. Ci teniamo comunque a ricordare che l’economia è un sistema complesso e nella maggior parte dei casi è difficile prevedere tutti gli effetti di uno scostamento da quello che era l’equilibrio precedente. Anche nei nostri esempi, infatti, ci siamo spesso fermati nell’analisi e non abbiamo continuato a rispondere alla domanda: “e quindi dopo questo che succede?” La verità è che il mondo dell’economia reale è pieno di effetti del secondo o terzo ordine. Essenzialmente quelli che potremmo chiamare tra di noi “le conseguenze delle conseguenze”.

Pensate all’esempio dell’acciaieria. Ci siamo fermati a dire che la barriera offerta dai dazi dovrebbe beneficiare la produzione interna di acciaio. Ma che succede nel momento in cui le aziende americane che usano l’acciaio nei loro processi produttivi si vedono costrette a pagare di più perché le acciaierie americane non hanno costi di produzione altrettanto efficienti? Una persona potrebbe sostenere che, a fronte di un aumento delle entrate fiscali e il teorico miglioramento della bilancia commerciale grazie ai dazi, il governo americano potrebbe finanziare investimenti per migliorare la produzione interna o abbattere il debito pubblico. Ma che succede se le altre nazioni imponessero dei dazi in risposta ai prodotti americani? Quale effetto pesa di più, l’aumento dei prezzi e quindi inflazione o il miglioramento della bilancia commerciale?

Purtroppo, noi non siamo in grado di offrirvi una risposta soddisfacente, tuttavia se foste interessati ad ascoltare la risposta ad alcune di queste e altre domande lasciamo guardate il video del nostro strategist.