PETROLIO - Nessun timore per le forniture, ma Goldman Sachs lo vede a 100 dollari. L'Analisi Tecnica di Websim

Goldman Sachs non vede tuttavia alcun effetto importante immediato sugli stock del mercato petrolifero

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Fatto

Brent (87,70 usd), Wti (85,90 usd). Petrolio poco mosso in avvio di giornata dal +4% di ieri. Il prezzo ha reagito dopo che venerdì si è chiusa la peggior settimana dell'anno con una perdita che ha sfiorato il -12%.

Il petrolio rallenta la corsa. Al momento il conflitto in Israele è circoscritto e non sembra allargarsi pericolosamente arrivando a coinvolgere Iran e Qatar, i due grandi sponsor di Hamas. Hezbollah, in Libano, per ora si limita a qualche simbolica dimostrazione di forza.

Inoltre, non risultano conseguenze concrete, per esempio interruzioni ai trasporti, sul movimento del petrolio e dei suoi derivati nell'area del Medio Oriente a seguito delle ultime tensioni nella regione.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha avvertito che la risposta di Israele all’attacco di Hamas potrebbe "cambiare il Medio Oriente”, tuttavia, l'impatto sui prezzi del petrolio, nel caso il conflitto resti regionale, potrebbe essere meno dirompente.

"Israele è un produttore di petrolio molto marginale e quindi i recenti sviluppi avranno un impatto diretto minimo sull'offerta di petrolio", ha scritto Warren Patterson, analista di ING, in una nota.

In più c’è il fatto che i prezzi del greggio sono sempre meno guidati dai temi geostrategici e sempre di più seguono le logiche della domanda e dell’offerta. La storia poi, mostra che i conflitti tra Israele e i suoi immediati vicini arabi non hanno impatti duraturi sui prezzi, segnalava ieri Marko Papic, chief strategist di Clocktower Group.

Gli Stati arabi non sono più strettamente allineati contro Israele e i palestinesi hanno pochi veri alleati nella regione. L'Arabia Saudita è concentrata sullo sviluppo economico interno e sulla massimizzazione dei propri interessi a lungo termine. L'Egitto non sostiene Hamas. La Siria è decimata dalla guerra civile. L'Iran continua a essere anti-israeliano, come sempre, ma è improbabile che rischi ritorsioni da parte di Israele e degli Stati Uniti per il bene dei palestinesi.

Goldman Sachs è rialzista sul petrolio del greggio, con Israele e Hamas in guerra: il Brent salirà a 100 dollari. La probabilità che la produzione di greggio saudita rimanga stabile a 9 milioni di barili al giorno nel 2024 appare ora più probabile rispetto a prima del fine settimana, ha detto l’esperto della banca d'affari americana. Goldman Sachs non vede tuttavia alcun effetto importante immediato sugli stock del mercato petrolifero a breve termine dagli attacchi in Israele, ha spiegato in una nota, aggiungendo che gli attacchi riducono la probabilità di "normalizzazione" delle relazioni del Paese con l’Arabia Saudita e il conseguente aumento della produzione saudita nel tempo.

Nella nota datata domenica, Goldman Sachs ha affermato che continua a prevedere che il Brent salirà a 100 dollari entro giugno 2024, pur sottolineando che non vi è stato alcun impatto sull’attuale produzione globale di petrolio in questa fase.

Fa da eco Simone Tagliapietra, del think tank energetico Bruegel, il quale ha spiegato che la guerra a Gaza non ha un impatto diretto sui mercati energetici, ma se gli Stati Uniti decidessero di inasprire le sanzioni contro l'Iran, accertandosi di un suo diretto coinvolgimento con gli eventi, il prezzo del petrolio potrebbe salire ancora.

L'Iran di recente ha aumentato il suo export, soprattutto verso la Cina, ma se questo venisse bloccato, il prezzo del petrolio potrebbe salire fino a 100 euro al barile, ha chiarito. 

Tagliapietra non vede rischi immediati anche sulle foniture dal Qatar, grande finanziatore di Hamas, ma anche il nostro secondo fornitore di gas naturale liquefatto dopo gli Stati Uniti: "Il mercato europeo è strategico per Doha". 

Ora il bilancio del 2023 è +2% per il Brent e +7,0% per il Wti.

Effetto

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