CLIMATE CHANGE - Accordo al ribasso in occasione della COP29 a Baku

Accordo su un pacchetto da 300 miliardi di dollari all’anno che saranno versati dalle nazioni più ricche ai paesi in via di sviluppo e più vulnerabili agli eventi metereologici estremi

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Fatto

La COP29 di Baku si è conclusa il 24 novembre all’alba con il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto a secondo dei punti di vista.

Intanto, è stato scongiurato all’ultimo un pieno fallimento, grazie all'accordo su un pacchetto finanziario da 300 miliardi di dollari all’anno che saranno versati dalle nazioni più ricche ai paesi in via di sviluppo e più vulnerabili agli eventi metereologici estremi, per aiutarli a contrastare la crisi climatica. Quello del New Collective Quantified Goal, ossia l’accordo finanziario sulle misure di sostegno ai Paesi emergenti era una dei principali obiettivi.

La cifra è superiore ai 250 miliardi proposti dalle nazioni più ricche, ma lontanissima dai 1.300 miliardi a cui ambivano i G77, ossia i Paesi più arretrati dal punto di vista dello sviluppo e che spesso subiscono maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico.

L'accordo di fornire 300 miliardi di dollari all'anno entro il 2035 triplicherebbe teoricamente i precedenti impegni dei paesi ricchi di fornire 100 miliardi di dollari entro il 2020. Quell'obiettivo precedente è stato raggiunto per intero solo nel 2022 e scade nel 2025.

Secondo gli esperti, tuttavia, 300 miliardi non basteranno a coprire gli investimenti necessari a portare in sicurezza le nazioni più povere. Il rapporto evidenzia, infatti, che i bisogni finanziari stimati nei “contributi determinati a livello nazionale” (ossia i piani nazionali che contengono le misure che ogni nazione prevede per affrontare il cambiamento climatico) dei Paesi in via di sviluppo ammontano a 5,1–6,8 trilioni di dollari fino al 2030, ovvero tra i 455 e i 584 miliardi di dollari all’anno, a cui si aggiungono i bisogni di finanziamento per l’adattamento stimati tra i 215 e i 387 miliardi di dollari all’anno fino al 2030.

Il documento conclusivo della COP29 “invita tutte le parti a collaborare per consentire l’incremento dei finanziamenti destinati ai Paesi in via di sviluppo per l’azione climatica, provenienti da tutte le fonti pubbliche e private, ad almeno 1,3 trilioni di dollari all’anno entro il 2035”.

Sull’esito del compromesso finale ha inciso anche l’aspettativa sulle possibili decisioni che il presidente in pectore degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe prendere nel prossimo futuro. Trump, che ha bollato il climate change come una bufala e ha nominato come nuovo capo dell’EPA Lee Zaldin, allineato su posizioni scettiche sul cambiamento climatico, ha dichiarato di volere uscire dall’Accordo di Parigi, come del resto aveva fatto nella precedente amministrazione.

I negoziatori alla conferenza di Baku hanno affermato che, sebbene la delegazione statunitense abbia contribuito a elaborare l'accordo sul finanziamento climatico, il paese non è stato in grado di assumere un ruolo di leadership di alto profilo come nei precedenti summit sul clima e non è stato in grado di fornire garanzie che la prossima amministrazione avrebbe onorato i suoi impegni.

"Con gli Stati Uniti, beh, gli elettori hanno votato e così è. Cosa faranno, non lo sappiamo", ha affermato il ministro dell'ambiente sudafricano Dion George.

Secondo i Paesi in via di sviluppo questa prospettiva ha spinto tutti i Paesi sviluppati a non esporsi troppo per il timore di trovarsi a dover coprire le quote USA, in caso questi ultimi si ritirassero dagli impegni.

L’India, che fa parte delle nazioni che dovrebbero ricevere i sussidi, ha cercato di fermare fino all’ultimo questo accordo considerato “oltraggioso”. L’India è anche uno dei più grandi utilizzatori mondiali di carbone.

I sostenitori del clima hanno affermato che, sebbene l'accordo sia migliore di una vera e propria situazione di stallo, le fratture evidenziate dalla conferenza e la perdita di fiducia nel processo tra i paesi più poveri rappresenteranno un problema per il Brasile mentre si prepara per la COP30.

Effetto

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 Redazione

I giornalisti finanziari e gli analisti di Websim