ESG - In Europa si alza il vento

Nel suo intervento al Parlamento, la presidente Ursula von der Leyen annuncia un pacchetto di misure a sostegno dell'industria eolica. In Italia  la produzione da eolico è scesa dell1% nel 2022

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Fatto

Nella guerra dei mulini in corso tra le due sponde dell’Atlantico, l’Unione Europea risponde oggi al piano degli Stati Uniti di raggiungimento di 30 GW di potenza installata nell’eolico entro la fine del decennio.

L'Unione Europea sta per presentare un pacchetto di misure in grado di sostenere l'industria eolica europea in un momento di difficoltà per le aziende produttrici di energia rinnovabile, alle prese con l'inflazione alta, l’aumento delle materie prime e l’approccio neo protezionista della Casa Bianca.

"Accelereremo ulteriormente le procedure di autorizzazione. Miglioreremo i sistemi di aste in tutta la Ue. Ci concentreremo sulle competenze, sull'accesso ai finanziamenti e su catene di approvvigionamento stabili", ha promesso la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante il suo discorso al Parlamento europeo.

Washington ha stanziato una massa sterminata di sussidi (783 miliardi di dollari) a sostegno della transizione green, ma le risorse sono riservate agli operatori domestici, sia in termini di tecnologia che di personale. Il provvedimento battezzato Inflaction Reduction Act ha già messo in difficoltà le aziende europee fornitrici di turbine e rischia di lasciare fuori dai confini buona parte delle società non americane.  

Di una mossa politica a livello europeo ha bisogno l’Europa e soprattutto l’Italia.

Nel 2022, secondo quanto si legge nel Rapporto Circonomia 2023, la produzione italiana da eolico si è contratta di circa l’1% rispetto all’anno prima, mentre su scala Ue è aumentata del 9%, in Germania del 10%, in Olanda e Danimarca di oltre il 18%.

L’Italia resta ai primissimi posti nell’economia circolare ma secondo Elettricità Futura, rischia di scivolare in basso se la nuova legislazione sulle aree idonee non sarà modificata.

L’associazione delle aziende produttrici del 70% dell’energia elettrica nazionale chiede che nelle zone del Paese prive di vincoli, l’iter per eolico e fotovoltaico segua una procedura rapida. “In assenza di correttivi questa norma fermerà lo sviluppo delle rinnovabili e della filiera industriale e bloccherà investimenti per 320 miliardi di euro, rendendo impossibile raggiungere il target nazionale di decarbonizzazione”, si legge nell’articolo di Repubblica che dà conto di queste posizioni.

C’è bisogno della politica anche perché l’aumento dei tassi d’interesse e delle materie prime ha fatto saltare i piani finanziari di realizzazione delle opere: l’Associazione olandese per le energie rinnovabili ha calcolato in 163 miliardi di euro, il costo aggiuntivo per il completamento dei progetti necessari al raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica prevista da Bruxelles entro il 2050.

L’eolico ha bisogno del vento e della politica.

L’amministratore delegato di Renantis, Toni Volpe, ne ha parlato di recente a Repubblica: “L’emergenza Covid e poi l’insorgere di questioni geopolitiche hanno messo in luce le difficoltà della supply chain globalizzata – ha affermato il numero uno della ex Falck Renewable - Se la capacità di rifornirsi a prezzi competitivi da alcuni Paesi produttori viene a mancare, risulta allora chiara la necessità di sviluppare la catena locale. Gli Stati Uniti, con l’Inflaction Reduction Act, hanno lavorato in questa direzione, sussidiando la crescita della supply chain nazionale. Si tratta di una operazione che nel medio periodo crea competenze, occupazione e valore aggiunto. E' qualcosa che ci si aspetta anche dall’Europa. Nell’eolico, ad esempio, possedendo già parte delle competenze a livello locale e nazionale, riposizionarsi potrebbe essere meno problematico".

Effetto

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