BANCHE EUROPA - Su Commerzbank, Unicredit vince se va piano
Intermonte calcola che la creazione di valore ottenibile dalla fusione, date certe condizioni, sia di quasi il 10% nel 2026. Le sinergie di costo ci sono ma richiedono cautela e pazienza
Fatto
L'indice Stoxx delle banche europee ha corretto dai massimi di periodo a valle del rallentamento del tasso di inflazione nella zona euro, che ha rafforzato la prospettiva di un calo del costo del denaro.
Ciò malgrado, si conferma al primo posto nel corso del 2024 con un +18%, che distanzia l'indice globale Stoxx 600, fermo a +8,70%.
Unicredit – Commerzbank è iniziata con un blitz e si è trasformata in una partita a scacchi.
Nessuno è vicino allo scacco matto e l’esito resta aperto, l’unica certezza è sui tempi: saranno lunghi.
Le variabili in gioco sono innumerevoli, ognuna di queste può evolvere in modo da rendere l’eventuale aggregazione molto vantaggiosa, bloccarla o ritardarla anche di anni. Per cui, tradurre oggi il valore dei benefici di un’operazione tutta da immaginare non è semplice, ma si può iniziare a ragionare sul quadro attuale: Unicredit detiene il 9% di Commerzbank e può salire, attraverso opzioni, al 20%, il governo tedesco deve vendere un altro 12%.
Partendo da qui e procedendo per assunzioni sulle variabili più delicate, quali il prezzo di un’ipotetica offerta volontaria sul capitale, la quota in denaro, ma soprattutto, i rischi connessi all’esecuzione, l’analista di Intermonte, Fabrizio Bernardi arriva a dire che la creazione di valore per Unicredit è 9,1% nel 2026.
“La situazione è quella di una partita di poker con pochi giocatori di alto livello intorno al tavolo. Tuttavia, Unicredit è probabilmente della partita con uno dei giocatori più abili, in grado di trattare con tutte le parti”, scrive Bernardi nella nota.
Il ceo Andrea Orcel non sembra al momento aver fretta, anche perché, dopo il sostanziale via libera arrivato dalla sorveglianza della Bce e da una parte della politica tedesca, può permettersi di aspettare le prossime mosse dei suoi interlocutori.
Le sinergie potenziali ottenibili dall’operazione sono rilevanti, anche se non immediate: in fatto di banche, la Germania non è l’Italia e Unicredit lo sa.
Per abbassare l’indice di efficienza Cost/Income di HVB, acquisita nel 2007, ai livelli italiani ci sono voluti più di dieci anni. E’ stato poi necessario il cambio di strategia introdotto da Orcel al suo arrivo nel 2021, per farlo scendere al 39% di oggi, da 65% del 2021 e 77% di dieci anni fa.
Secondo Bernardi, serve tempo e pazienza, “Non ci sembra una scommessa a breve termine e, pur ritenendo che le sinergie arriveranno, è improbabile che si concretizzino nel prossimo futuro”.
Sceglie di stare per il momento a guardare anche Moody’s.
L’agenzia di merito creditizio dice di aver pronto un miglioramento del rating di Unicredit se dovesse essere chiusa l’acquisizione di Commerzbank. Nella nota di oggi, gli analisti dettano le loro condizioni, tra queste, c’è la capacità di contenere i rischi di esecuzione e operativi. Oggi il rating standalone di Unicredit è Baa3, allineato con quello dell'Italia.
La debole posizione creditizia dell'Italia ha tradizionalmente rappresentato una sfida per i piani di espansione internazionale delle banche italiane. Prima di puntare su Commerzbank. In caso di merger, una maggior presenza in Germania, che ha un rating tripla A, canali di finanziamento più diversificati e una minor esposizione diretta al debito italiano "allenterebbero i legami e la correlazione intrinseca" tra il rating di Unicredit e quello dell'Italia.
L’acquisizione avrebbe, comunque, un costo.
"La capitalizzazione attualmente molto solida di Unicredit si diluirebbe in caso di acquisizione di Commerzbank, ma ci aspettiamo che rimanga robusta, almeno coerente con l'obiettivo dichiarato dal management di un Cet1) minimo del 12,5%-13%", ha previsto Moody's.
Effetto
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