Shark Fin su oro: connubio perfetto tra protezione e performance

L’oro torna nel mirino degli investitori, un bene di rifugio per chi cerca stabilità e protezione durante un periodo di incertezza. Il recente rallentamento dell’inflazione negli Stati Uniti, con i dati che evidenziano un calo al 4,0% in maggio rispetto al 4,9% di aprile, insieme alla decisione della Federal Reserve di lasciare i tassi di interesse invariati, dovrebbero creare un contesto favorevole per il rialzo dell’oro.
Quali sono i principali driver che possono aiutarci nell’investimento su questo bene? 
Il primo fattore che presenta un legame storico con la performance dell’oro è l’andamento dei tassi reali. Si tratta di una correlazione inversa: quando i tassi reali si spingono al rialzo, l’oro vira al ribasso e viceversa. Parliamo di una relazione più forte di quella tra oro e l’euro dollaro, che ormai da tanto tempo è più debole e presente con molta più intermittenza rispetto agli anni ’90 e inizio 2000. La ragione di questa forte interdipendenza tra la commodity e i tassi reali è legata al fatto che sono due asset concorrenti con l’obiettivo di preservare il potere d’acquisto dell’investitore. Entrambi sono beni rifugio di ultima istanza, ma l’oro, a differenza del mercato obbligazionario, non paga cedole. Infatti, nel momento in cui i tassi salgono gli investitori privilegiano gli investimenti nel mercato obbligazionario, mentre convergono sull’oro quando i tassi scendono. Relazione ben evidenziata nel grafico qui di seguito, dove in giallo è rappresentata la performance dell’oro, mentre in blu i tassi reali del decennale USA.

La correlazione è stata molto forte tra il 2017 fino a metà 2020. Infatti, tra agosto e settembre 2020, i tassi reali hanno segnato un minimo importantissimo e contemporaneamente l’oro ha fatto il massimo storico.
Ma, per i lettori più attenti, il grafico mostra come dal 2022 la correlazione sia leggermente cambiata (visibile nella zona di grafico cerchiata di rosso). Infatti, è entrato in gioco un nuovo fattore che influenza l’andamento dell’oro e questa volta ha carattere geopolitico. Dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, molte banche centrali, sentendo la necessità di preservare le loro riserve valutarie in dollari contro eventuali controversie geopolitiche verso altri Paesi, hanno deciso di fare un grosso acquisto di oro. L’ammontare totale nel terzo trimestre 2022 si aggira intorno alle 400 tonnellate. Tra i grandi acquirenti figurano le banche centrali di Turchia, Uzbekistan, Qatar e India, ma una quantità sostanziale di oro è stata acquistata anche da banche centrali che non hanno comunicato pubblicamente i loro acquisti.
Tale mossa ha influenzato “momentaneamente” la relazione storica tra oro e tassi reali, ossia i tassi adeguati all’inflazione. Nonostante ciò, la recente decisione della FED di lasciare invariati i tassi d’interesse, che ha innescato un calo del dollaro e dei tassi reali, dovrebbe creare comunque un ambiente favorevole e di rialzo per il bene prezioso.
L’acquisto di oro da parte di alcune banche centrali ha influenzato il rapporto tra il bene di rifugio e un altro driver: gli ETF che replicano l’oro fisico. Nel grafico di seguito in giallo la performance dell’oro, in bianco quella del “ETF Global Gold Holding” che somma tutti gli ETF fisici sull’oro.

L’andamento di entrambi gli asset è simile dal 2018 fino al 2022, in concomitanza con lo scoppio della guerra e della mossa delle banche centrali. Da lì in poi, l’oro è continuato a salire, mentre gli acquisti di ETF si sono fermati a causa dell'aumento dei tassi di interesse che ha spinto al rialzo i rendimenti di altri asset. Il triplo massimo però potrebbe essere rotto, in quanto si è creato un ampio margine nel quale retail ed investitori istituzionali possono entrare in acquisto di ETF.
Quindi, ad oggi, ad influenzare l’andamento dell’oro non sono solo variabili finanziarie ma anche di carattere geopolitico.
Se questa che abbiamo descritto è la view di una parte del mercato, la scommessa che tanti investitori stanno facendo è sul comportamento futuro delle Banche Centrali e l’andamento dell’inflazione. In un contesto di inflazione alta l’oro non ne beneficia, anzi inizia a migliorare nel momento in cui l’inflazione rallenta. Il vero pericolo per l’oro, dunque, è se le Banche Centrali non dovessero cambiare atteggiamento magari per un’iperinflazione piuttosto persistente. A quel punto, il ciclo di rialzi dei tassi continuerà e con esso anche a crescere il rendimento delle obbligazioni, penalizzando l’oro.
Partecipare alle performance dell’oro ma con protezione del capitale a scadenza
Da quanto detto, emerge che tendenzialmente lo scenario per l’oro dovrebbe essere favorevole nel prossimo futuro, anche se non mancano i rischi dovuti alle possibili evoluzioni avverse dello scenario attuale. Avere oro in portafoglio potrebbe rappresentare una buona soluzione d’investimento, in virtù sia della sua correlazione inversa ai tassi ma soprattutto per il suo essere un bene rifugio per eccellenza e uno strumento di copertura dall’inflazione. Il contesto in cui viviamo infatti è dominato dall’incertezza, sia a causa del protarsi della guerra in Ucraina e al comportamento delle Banche Centrali.
Per chi volesse investire sull’oro in dollari, partecipando alle performance della commodity ma potenziandone gli elementi di protezione dalle turbolenze di mercato, il certificato di BNP Paribas Shark Fin su ORO ISIN XS2515930860 potrebbe rappresentare una valida alternativa all’investimento diretto sulla commodity. Il certificato, infatti, a scadenza (giugno 2026, maturity 3 anni), presenta una forte asimmetria dei rendimenti. Sono infatti tre i possibili scenari.
Nel caso negativo, ovvero se i prezzi dell’oro dovessero scendere al di sotto del valore iniziale (strike), ovvero 1.955,80 usd, il certificato garantirà una protezione al 100% dello strike. Quindi, ipotizzando una performance del -30% dallo strike, il certificato pagherà comunque 100 dollari a certificato, poiché vanta una protezione del capitale al 100%.
Nel caso di crescita dell’oro rispetto al valore iniziale gli scenari positivi a scadenza possono essere due. Se il prezioso dovesse trovarsi al di sopra del valore iniziale, fino al 150% dello strike incluso, il certificato pagherà una performance lineare commisurata a quella dell’oro. Facciamo un esempio. Se a scadenza l’oro dovesse chiudere con una performance del 135% del livello iniziale (+35%), lo Shark Fin pagherà 135 dollari a certificato. Se invece dovesse verificarsi il Knock-out event a scadenza, ovvero se l’oro dovesse superare i 2,933.70 dollari (150% dal valore iniziale), il certificato pagherebbe un premio del 22% (comunque un 7% annuo di rendimento) qualsiasi sia la performance del prezioso.
Il certificato si compra oggi a 98,9 euro, lievemente a sconto. Condizione che fornisce un rendimento certo a scadenza del 1%. Al netto come sempre del rischio emittente sempre presente sui certificati. Ricordiamo però che BNP Paribas (S&P's A+ / Moody's Aa3 / Fitch AA-) con rating molto alto è uno dei colossi bancari europei più solidi.
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