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  Enel, Eni e Banco BPM: il tris vale 12% annuo, con barriera profonda (50%)

Crescendo si impara che la semplicità ha un valore inestimabile e questo è vero in tutti i campi, compreso quello degli investimenti. Ecco perché dobbiamo proprio fare i complimenti ad UniCredit che ha appena lanciato un certificato semplice quanto efficace su tre dei titoli più amati dagli italiani: Eni, Enel e Banco BPM. Facciamo notare infatti che, con la volatilità ridotta ai minimi termini (prodotto emesso il 21 settembre: VStoxx a 17 punti), non è facilissimo promettere il 3% trimestrale con memoria (12% annuo) restando su titoli con volatilità implicita in questo momento contenuta.

Ci riferiamo al Memory Cash Collect ISIN DE000HC9AHQ0 che investe appunto su tre big cap italiane operanti in tre settori strategici: la petrolifera Eni, l’utility Enel e il finanziario Banco BPM. Il certificato paga trimestralmente un premio del 3% con memoria, condizionato ad una barriera profonda al 50%, valida anche a scadenza per il rimborso del valore nominale. Il che implica la capacità per il certificato di proteggere l’investimento anche da fasi di stress piuttosto rilevanti. Infatti, fino a -50% di performance a scadenza il capitale sarà protetto. La scadenza naturale è prevista per settembre 2027, mentre la possibilità di autocall da giugno 2024 con step down completa il profilo d’investimento.

Pausa da Falco per la Fed e da Colomba per la BCE

Il quadro in cui si inserisce questa emissione è piuttosto complicato. I mercati infatti hanno iniziato una lenta fase discendente che per ora sa di sana correzione, ma come sappiamo, le cose possono cambiare velocemente sui mercati. Lo si vede bene dal Nasdaq 100 che, dai top del 19 luglio, in silenzio ma con precisione, si sta riportando, per la seconda volta, dopo aver fatto un massimo decrescente, sul supporto importante dei 14.600 punti (-8% dai massimi relativi). In caso di break il target sarebbe 14.100 e 13.700 punti. Così anche l’S&P 500 che perde dai massimi di fine luglio il 6% e si riporta sul supporto chiave di breve periodo in area 4.300 punti. In caso di break 4.200 punti è il primo target (passa anche la media 200 periodi).

E in Europa?

Gli indici europei si dimostrano più forti, anche se stanno attraversando una fase riflessiva da aprile 2023. Lo si vede molto bene con l’Euro Stoxx 50.

Ma cosa sta succedendo? L’impennata dei tassi nominali, e soprattutto reali sta pesando sui listini internazionali, dopo il rally deciso della prima parte dell’anno. La necessità di una pausa/correzione è piuttosto evidente e si sta concretizzando. Per ora lo storno sembra essere piuttosto controllato, ma le cose possono cambiare.

Le banche centrali, infatti, non prendono decisioni secche e navigano a vista. La BCE, nell’ultimo meeting, ha evidenziato un bilanciamento tra falchi e colombe, con i falchi che hanno ottenuto un altro rialzo, e le colombe la tanto desiderata pausa. I falchi però, già all’indomani del meeting, subito hanno cominciato a sottolineare che la partita non è ancora finita e che potrebbe esserci richiesta di ulteriori rialzi là dove i dati salariali dovessero essere piuttosto forti. Quanto alla Fed, nella conferenza stampa, Powell ha detto chiaramente che “siamo pronti ad aumentare i tassi se opportuno e intendiamo mantenere la politica monetaria ad un livello restrittivo finché non saremo sicuri che l’inflazione non si stia muovendo in modo sostenibile verso il nostro obiettivo”. Questo è emerso anche nei dots che vedono concentrazione per un solo rialzo entro fine anno e per il 2024 i 100 bp di taglio sono diventati 50. Insomma, tutto ancora da dimostrare e per ora la certezza è che i tassi rimarranno elevati ancora per un po’.

Altro tema importante è quello del petrolio che certo non aiuta, soprattutto in USA. Il greggio, infatti, continua a salire ed esercita impatto importante soprattutto sugli USA in termini d’inflazione. L’America subisce l’effetto confronto con lo scorso anno, mentre l’Europa aveva già nel 2022 energia ad alti prezzi. Quindi l’impatto sull’inflazione generale pesa meno.

Insomma, si respira un po’ d’incertezza dopo il rally della prima parte dell’anno. Non è chiaro, infatti, come si comporteranno le banche centrali e questo sta infastidendo gli operatori. Ecco perché, per chi vuole continuare ad estrarre rendimento dai mercati azionari riducendo l’impatto di eventuale volatilità di breve e medio termine, può puntare sui certificati. Soluzioni d’investimento non direzionali, che in situazioni di mercato come quella attuale trovano la loro naturale collocazione.

Premi del 3% trimestrali per chi punta sulle eccellenze italiane

Se è chiaro lo scenario di riferimento, allora il certificato ISIN DE000HC9AHQ0 su Eni, Enel e Banco BPM rappresenta veramente un ottimo strumento d’investimento. Paga molto bene, perché il 3% trimestrale con memoria (12% annuo), con volatilità ancora così contenute non è per niente facile da reperire sul mercato dei certificati (tra i prodotti di redente emissione). Premi ovviamente condizionati ad una barriera al 50% dello strike.

Il prodotto potrà scadere anticipatamente da giugno 2024 se i tre sottostanti saranno sopra lo strike. Gradualmente poi si attiva lo step down che porterà gradualmente il trigger per il rimborso dal 100% al 85% del valore iniziale.

A scadenza (settembre 2027), come per tutti i normali cash collect, due possibilità. Se i tre titoli saranno sopra la barriera posta al 50% dello strike, il certificato pagherà 100 euro (valore nominale) altrimenti, se anche solo uno dei due titoli sarà sotto barriera, il certificato rimborserà un valore pari alla perdita del peggiore. Tradotto in parole semplici, se uno dei tre titoli, a scadenza, avrà perso il 60%, il certificato rimborserà 40 euro.

Infine, sui tre titoli, Intermonte è positiva. Banco BPM è una delle banche che ci piace di più perché ha fatto un ottimo de-risking negli ultimi anni, quindi, versa in una situazione patrimoniale molto resiliente ad eventuali shock recessivi. La forte presenza in Nord Italia poi la rende molto competitiva anche su top line e marginalità. Inoltre, rimane sempre la possibilità di M&A con colossi italiani o europei, in un naturale processo di consolidamento del settore. Eni sta beneficiando dei prezzi del petrolio alle stelle e continuerà quindi a generare margini alti. I produttori OPEC mantengono bassa l’offerta con i tagli, mentre la domanda comincia a scricchiolare. Ma per ora c’è forte interesse del cartello a tenere i prezzi alti (basti pensare alla volontà di valorizzare parte di Aramco). Per Enel, il mercato dell’energia vede prezzi che rimangono sostenuti e questo è positivo per la componente rinnovabile. L'idroelettrico, che negli ultimi due anni aveva dato grossi problemi, quest’anno trova tregua per la forte piovosità. Quindi il peggio è passato e ci sarà un buon contributo da questa componente. Dal primo gennaio ci sarà anche un aggiornamento sul ritorno della distribuzione elettrica. Inoltre, il piano di cessioni da 21 miliardi sta procedendo in linea con le attese. Infine, a novembre, ci sarà l’aggiornamento del piano industriale, un market movers importante.

La tabella sotto invece ci fa vedere bene anche i livelli di volatilità di questi tre titoli che sono storicamente veramente bassi. Solitamente, per esempio, le banche italiane hanno volatilità più vicina al 40% che non al 30%. Ecco perché, dicevamo che in questo contesto, non è per nulla facile emettere un prodotto su campioni italiani con questi rendimenti.

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