COMUNICAZIONE DI MARKETING

Cedole sì, ma con performance: arriva la rivoluzione nei Cash Collect

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XS2838232705
Blue Chip Italiane
102,36  €

Ultimo aggiornamento alle 10:00 del 08/10/2024

Tipologia:
Worst-of Partecipation Cash Collect
Sottostante:
Tenaris - Amplifon - STMicroelectronics
Rendimento medio annuo:
10,14%

Oggi vi presentiamo una novità assoluta sul mercato italiano dei certificati. L’investitore italiano è infatti abituato a distinguere i certificati d’investimento tra quelli a partecipazione, ovvero che pagano la performance del sottostante a scadenza, e quelli che generano yield enhancement, ovvero che pagano cedole corpose, in grado di accrescere il rendimento cedolare complessivo del portafoglio (come i classici Cash Collect). Oggi vi parliamo del primo Memory Cash Collect che paga anche la performance a scadenza. Avete capito bene.

Ci riferiamo al certificato ISIN XS2838232705 di Barclays che punta a stravolgere le regole del gioco. Come tutti i Cash Collect, anche questo prodotto paga cedole, e di tutto rispetto. Paga infatti il 3% trimestrale condizionato con memoria, per un rendimento annuo del 12%, investendo su un basket di titoli italiani. La durata è di tre anni (settembre 2027), e alla maturity promette di pagare la performance del worst of tramite una call che vede lo strike al 90% dei livelli iniziali (9 settembre 2024). Questo significa che il calcolo della performance non comincerà dal livello iniziale ma di fatto da un -10% dai livelli iniziali dei sottostanti. Per farla semplice, se a scadenza il worst of avrà realizzato una performance del 20% dai livelli iniziali, il certificato pagherà 130 euro (20% di performance + 10% perché lo strike della call è in the money al 90%), più l’ultima cedola, ed eventualmente le cedole non pagate. Vi è cap alla performance? Assolutamente no, non vi è alcun cap alla performance del worst of a scadenza. Non guasta poi che il certificato sia già a sconto a 98,2 euro.

Il certificato prevede anche la possibilità di rimborso anticipato a partire dal 9 settembre 2025, ovvero dopo un anno di vita e con cadenza semestrale. Il trigger per l’autocall è al 100% degli strike. In tal caso viene pagato ultimo premio, più i premi eventualmente non pagati. Non viene pagata invece la performance del worst of che avviene solo a scadenza se i titoli saranno sopra barriera.

Insomma, per tutti quelli che vedono nei Cash Collect uno strumento adeguato solo a mercati laterali o lievemente ribassisti e percepivano magari questa peculiarità come un punto di debolezza, ora non ci sono più scuse. Anche questo tabu dei Cash Collect viene archiviato.

Il basket giusto per questo certificato

Approfondiremo nel proseguo dell’articolo la struttura affinché tutto sia chiaro, poiché non finiscono certo qui le caratteristiche vincenti di questo prodotto.

Il basket però è fondamentale tanto quanto la struttura, poiché affinché una struttura sia efficace è fondamentale che venga costruito su un basket che la renda efficiente e funzionale alla congiuntura di mercato.

Il trio scelto per questo certificato è un basket worst of di Amplifon, Tenaris e STM. Tre titoli con buoni fondamentali e che hanno già ricevuto una forte fase correttiva. Tutti e tre i titoli infatti hanno trend ben impostati di lungo periodo, cosa che rende efficiente questi titoli, e tutti e tre hanno subito di recente forte volatilità. Tre storie diverse certamente ma che rendono questa struttura interessante. Entreremo subito nell’analisi del basket poiché è fondamentale capire in che situazione navigano queste tre società italiane.

Vi basti un dato per cominciare a fare due calcoli sul meccanismo a scadenza di questo certificato: Amplifon, che lavora nel megatrend di invecchiamento della popolazione globale, cede dai massimi oltre il 40%; Tenaris, leader mondiale nella fornitura di tubi e materiale per le trivellazioni petrolifere, cede il 30% dai top. STM, società operante nella tecnologia dei chip, cede quasi il 50%.

Le barriere per il pagamento del premio e per il rimborso del nominale a scadenza sono al 60% dei livelli iniziali. Visto i forti cali già subiti, livelli di tutto rispetto. Insomma, il connubio tre barriere, possibilità di performance e basket rende questo certificato veramente efficiente. Ora resta da capire bene la struttura e il perché della scelta di questo basket.

Tenaris, STM e Amplifon: il trio scelto per il primo Cash Collect a performance
Tenaris

Patiamo con Tenaris e cominciamo con il dire che di breve l’outlook sul petrolio non è dei migliori. Le quotazioni del Brent, infatti, viaggiano verso il primo supporto chiave in area 65/63 usd che da agosto 2021 ha fatto da spartiacque e ha sempre rispedito verso l’alto l’oro nero. La debolezza è frutto di una domanda meno forte delle attese, soprattutto a causa della Cina (ma anche in USA) e di un’offerta in crescita. In crescita in USA e con alcuni Paesi africani dell’Opec che dopo aver fatto importanti investimenti, cominciano a non sopportare più i tagli imposti dal cartello. La correzione, dunque, è stata guidata dalla paura che l’Opec possa aumentare la produzione in un contesto di domanda in indebolimento. Le stime sul petrolio per il 2025 infatti sono scese dagli 80 usd ai 75 usd.

Ovviamente un tale contesto non può non influenzare un titolo come Tenaris. Il titolo ha perso tanto dai massimi, dovuto ad un forte calo dei margini, guidato dal calo dei prezzi dei tubi sul mercato americano (scesi di oltre il 50% nell’ultimo anno e mezzo). Dove, lo ricordiamo, Tenaris fa buona parte del fatturato. Qui ha pesato il calo della domanda ma anche un’offerta molto ampia per importazioni da Corea e altri Paesi asiatici, oltre che un accumulo di scorte su aspettative di domanda più forte che poi non si è realizzata. Il punto è dunque che andrà smaltito questo livello di scorte prima di ripartire con la domanda di tubi. Infatti, alcune società come Tenaris hanno annunciato che faranno un po’ di manutenzione sugli impianti ed efficientamento. Il tema è capire quando potrà esserci una stabilizzazione del titolo e una ripresa. Sicuramente Tenaris è una società leader nel settore, super solida e con tantissima liquidità. Vanta infatti quasi 4 miliardi di cassa ed è pronta a lanciare un nuovo buyback che dovrebbe essere annunciato a novembre per 1,2 miliardi. Cosa che, come sappiamo, oggi più di tutto sostiene i prezzi. Attenzione anche all’Investor Day del 24 settembre dove il management darà l’outlook sul settore spiegando come intendono ridurre i costi. Da un punto di vista dei margini, il quarto trimestre dovrebbe essere ancora debole, mentre gli analisti attendono per l’anno prossimo una ripresa. Il titolo in Borsa potrebbe comunque anticipare questa ripresa sostenuto dal piano di buyback.

È interessante però guardare il titolo anche da un punto di vista tecnico. Come si vede dal grafico sotto, eccetto per dei picchi al rialzo o ribasso che potremmo definire degli outlier, quindi fuori statistica, tendenzialmente il titolo si presenta come un lateralone nella fascia di prezzo tra 8 e 19 euro. Attualmente i corsi si trovano a circa la metà di questo laterale, con la barriera a scadenza a 7,8 euro, quindi sotto la parte bassa di questa laterale che guida i prezzi praticamente da sempre (agosto 2005) e che si giustifica con il movimento laterale stesso del petrolio. Queste società, infatti, sono un po’ una proxy dell’oro nero. Interessante che anche lo strike della call (11,7 euro), da cui si calcolerebbe la performance a scadenza (90% degli strike) è al centro di questo laterale. Se Tenaris dovesse essere il titolo peggiore ci potrebbe essere un ampio margine di guadagno sull’esercizio della call a scadenza. Una posizione quindi interessante.

STM

Quanto a STM, la forte correzione del titolo è stata frutto del taglio stime molto forte avvenuto dalla seconda metà 2023. Le stime sono state infatti tagliate, da quando STM ha cominciato a parlare di debolezza industriale, ovvero dal terzo trimestre 2023. Da lì, le stime sugli utili hanno continuato a scendere. Perché questo taglio stime? C’è stato un periodo di shortage (assenza di chip) estremo che ha portato a comportamenti opportunistici da parte dei clienti. Questi chiedevano spesso anche doppi ordini per averne almeno con certezza un certo quantitativo dai produttori di chip. Questo ha fatto si che i clienti continuassero ad acquistare, per evitare di rimanere senza e bloccare la loro produzione, nonostante le vendite non stessero andando così bene. Questo periodo di shortage prolungato ha portato tutti i clienti a riempirsi di chip che ora vanno smaltiti. I produttori sono quindi passati da una fase di forte domanda a una fase di vuoto. Soprattutto chi come STM è esposta a elettronica, digitalizzazione e automotive. Il punto ora è, quando si esauriranno le scorte? Secondo analisti e guidance societarie, verso la prima parte del 2025.

Cosa aspettarci dal titolo? Guardando al futuro, il business di STM si divide in tre grandi aree: auto, industriali e personal electronic. Quest’ultimo viene da una fine ‘23 orrendo, perché aveva fatto bene durante il periodo covid con il work from home. Ma ovviamente era una domanda non sostenibile e nel 22 e 23 c’è stato forte vuoto d’aria. La crisi però sembra finita e si è stabilizzata con anche primi segnali di crescita della domanda. La parte auto e industriali sono ancora in sofferenza, soprattutto la parte industriale perché ha una supply chain più ampia. Sono questi due settori che ora tengono in scacco il titolo. Il management, comunque, si dice confident che raggiungerà la guidance annunciata nel 2024. Vedremo il 20 novembre con il capital market day cosa dirà il management. Sui multipli il titolo è su valutazioni ragionevoli nonostante i numeri depressi per il settore. Quindi considerando che STM naviga su macrotrend come elettrificazione, digitalizzazione e transizione energetica, le prospettive sono buone e il titolo sembra essere passato da un periodo di crisi e rallentamento ciclico delle diverse aree di business che lo caratterizzano. Il titolo quota a 16 volte gli utili (in un range storico compreso tra le 27 volte e le 11 volte), ma i numeri sono quelli di una parte debole del ciclo. Quindi, sembrerebbe che il peggio sia passato e una graduale ripresa possa essere plausibile.

Tecnicamente notiamo che la barriera al 60% è a 15,66 euro, livelli che il titolo non vede dalla crisi covid del 2020 e ben al di sotto del ritracciamento di Fibonacci del 61,8% di tutto l’uptrend avviato a febbraio 2009. Tra l’altro il 61,8%, che è un super supporto statico e psicologico coincide praticamente anche con lo strike della call che è a 23,49 euro. Un buon livello di approdo per la fase correttiva e di eventuale ripartenza.

Amplifon

Anche Amplifon ha perso tanto in borsa dai massimi. Il crollo è dovuto alla debolezza dell’Europa dove fa buona parte del fatturato. Questa è l’area più critica dove la contrazione della consumer confidence, legata all’elevata inflazione, al rallentamento economico e al basso reddito disponibile della fascia più esposta a questo tipo di prodotto (i pensionati), ha inciso.

Di buono c’è che ora l’inflazione è sotto controllo, mentre Amplifon cresce molto bene in USA, a un tasso double digit e dove la società per ora fa il 15% del fatturato. Qui Amplifon ha deciso di avviare un’operazione particolare: andare direttamente sul cliente e non tramite franchising (compra i negozi e li integra). Questa strategia sta accelerando il profilo di crescita anche se riduce la profittabilità perché assume anche i costi dei negozi. In Asia la società cresce bene, come in Cina dove per ora il business è ancora piccolo, ma promette bene. La Cina è uno dei paesi più esposti all’invecchiamento della popolazione, oltre ché all’arricchimento della classe media che ha portato a dei trend molto comuni a quelli europei. La popolazione è più ricca ed è aumentata la longevità, accrescendo la clientela tipo. Infatti, quando si raggiungono o vendono superati i 70/75 anni, solitamente le persone iniziano a soffrire almeno di una ipoacusia moderata, se non grave, e quindi diventano potenziali clienti di Amplifon. In Europa, sicuramente Italia, Spagna e Germania sono ora i mercati con maggiore debolezza. I clienti, infatti, rinunciano a questo tipo di apparecchi perché se pur un bene necessario, rimane discrezionale. Se si può rimandare l’acquisto perché si fa fatica a risparmiare, sicuramente si posticipa (sono macchinari che arrivano a costare anche 5.000 euro e non sono coperti da assistenza sanitaria se non in casi estremi).

Per la società è positivo che l’inflazione stia rientrando e che le banche centrali stiano tagliando i tassi. Questo potrebbe dare un po’ di spinta anche al Vecchio Continente, ora la vera spina nel fianco per il titolo. La società ha un management molto capace e nel mercato di riferimento che ha una crescita del 5%, Amplifon tende a sovraperformare nell’ordine del 7/8% di crescita annua, grazie anche all’M&A. Amplifon è una società innovativa che si caratterizza non tanto per il prodotto (che non produce Amplifon, ma commissiona ad altre 5 società che fanno gli apparecchi acustici) ma per il servizio che offre pre, durante e post vendita. In questo è veramente molto forte. Per ora anche i compitor emergenti non sembrano un grosso pericolo. Stanno infatti emergendo nuovi player che non colpiscono, se non solo parzialmente, il target di clientela del gruppo italiano. Infatti, ci sono dei player OTC che vendono alle farmacie direttamente apparecchi per chi ha ipoacusie leggere o moderate. Sulle moderate c’è un po’ di overlap ma su fascia giovane. L’anziano ha bisogno di supporto e assistenza, non compra in farmacia ed è il target di Amplifon. Questi prodotti abbassano lo stigma sociale e avvicinano anche il target di clientela più giovane a questi prodotti. Potrebbero quindi avere anche effetti positivi sul mercato a lungo andare.

Tecnicamente, nonostante la forte correzione, il titolo rimane in una impostazione rialzista di lungo corso, almeno fino al break del 61,8% di Fibonacci a 18,43 euro. La barriera di protezione per il titolo è molto bassa a 17 euro, livello di prezzo che il titolo non vede dal 2017. Lo strike della call invece è a 25,506 euro.

Il cash collect con performance a scadenza

Se è chiaro il contesto, dunque, il certificato permette all’investitore di trarre vantaggio sia da uno scenario laterale o moderatamente ribassista, nei limiti della barriera ovviamente, sia in scenari rialzisti grazie all’esercizio della call. Call che, come abbiamo detto, si applica sul worst of, dunque sul peggiore dei titoli, se questi saranno a scadenza sopra barriera. Ovviamente la call verrà esercitata solo se il peggiore dei tre titoli sarà sopra lo strike al 90% dai livelli iniziali (vedi tabella sotto).

Per il resto, il certificato ISIN XS2838232705 è un Memory Cash Collect che paga premi trimestrali con memoria del 3% condizionati (12% annuo) ad una barriera al 60%. Quindi fino a scadenza se i titoli saranno sopra barriera sarà sempre possibile recuperare eventuali premi non pagati (grazie all’effetto memoria).

Il certificato permette anche il rimborso anticipato che è stato volutamente “depotenziato” con meno date del solito. Infatti, l’autocall non è trimestrale ma semestrale a partire dalla fine del primo anno (settembre 2025). Si punta ad incrementare la possibilità di arrivare a scadenza per esercitare la call.

A scadenza (settembre 2027), come abbiamo detto, se il worst of è sotto barriera, funziona come per tutti gli altri Cash Collect e sia avrà la performance del peggiore. Se il peggiore avrà perso il 50% il certificato rimborserà 50 euro. Se invece i titoli sono sopra barriera, ma il worst of è sotto il livello di esercizio della call, il certificato paga 100 euro, più ultimo premio e premi non pagati. Se invece il worst of è sopra barriera e sopra il livello di strike della call, allora pagherà la performance del titolo a scadenza, più l’ultima cedola, più le cedole eventualmente non pagate. Per capirci, se il worst of dovesse chiudere con una performance del +10% dai livelli iniziali, il certificato rimborserà 120 euro (20% di performance + 10% perché lo strike della call è in the money al 90%), più ultimo premio del 3%, più eventuali premi non pagati, per un totale di 156 euro, con un guadagno del 56%. Not bad.

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